Ambiente

Arriva il no alla plastica, ma è giallo: l’Italia rischia sanzioni UE

di Alessandro Borelli -


Direttiva SUP, mentre si avvicina il giorno del via la misura rischia di trasformarsi in un giallo, con l’Italia che rischia una procedura d’infrazione in Europa. Scende in campo Greenpeace e parla senza mezze misure di “colpevole ritardo, incomprensibili esenzioni nei confronti di prodotti rivestiti in plastica, deroghe ingiustificate per gli articoli monouso in plastica compostabile in alternativa ai prodotti vietati dalle regole europee”.

Scontenta Greenpeace la direttiva europea sulle plastiche monouso (SUP: “La legge italiana è in evidente contrasto con alcuni dettami comunitari. Con ClienthEarth, ECOS e Rethink Plastic Alliance abbiamo già presentato nei mesi scorsi un reclamo ufficiale alle autorità europee”.Per i prodotti in plastica destinati a entrare in contatto con gli alimenti (ad esempio piatti e posate) – rileva l’associazione – la legge italiana consente infatti di aggirare il divieto europeo ricorrendo ad alternative in plastica biodegradabile e compostabile. In base alla norma comunitaria, tuttavia, queste dovrebbero essere vietate al pari delle stoviglie realizzate con plastiche derivate da petrolio e gas fossile. Un’ulteriore violazione è l’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva dei prodotti dotati di rivestimento in plastica con un peso inferiore al 10 per cento dell’intero prodotto. Su questa tipologia di articoli i dettami comunitari non prevedono tuttavia alcuna deroga.

“L’Italia conferma ancora una volta di avere un approccio miope che favorisce solo una finta transizione ecologica. La direttiva offriva l’opportunità di andare oltre il monouso e la semplice sostituzione di un materiale con un altro, promuovendo soluzioni basate sul riutilizzo. Un obiettivo che è stato volutamente ignorato dal nostro Paese. Ci auguriamo che nelle prossime settimane l’Europa imponga al governo italiano le modifiche necessarie affinché prevalga la tutela dell’ambiente e della collettività anziché i meri interessi industriali. Purtroppo c’è il concreto rischio che venga avviato l’iter per una procedura d’infrazione”, dice Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

Anche Greenpeace cavalca le considerazioni già espresse dalle associazioni delle imprese, che lamentano l’assenza di una filiera virtuosa del Pet riciclato: “Bisogna costruire le condizioni economiche, fiscali e legislative per la diffusione e il consolidamento di modelli di business e di consumo basati sull’impiego di prodotti durevoli e riutilizzabili, sostenendo la vendita di prodotti sfusi”.


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