Attualità

Arrivederci casa – Radiografia dei nuovi padroni: chi è pronto a papparsi l’Italia

di Redazione -


Arrivederci casa – Radiografia dei nuovi padroni: chi è pronto a papparsi l’Italia

di FABIO VERNA

Il termine “sovrani” non attiene a nessuna casa regnante, bensì indica la sovranazionalità di queste mega strutture finanziarie che detengono la capacità di spostare agilmente miliardi di dollari sul mercato internazionale dei capitali, il cosiddetto money market. I fondi sovrani sono di fatto sempre pronti ad approfittare della fragilità di talune economie, dalle cicliche crisi in specifici comparti industriali, alla flessione dei mercati immobiliari, sino ad investire nei settori altamente tecnologici dai quali auspicano di ottenere performance a due cifre. La grande liquidità di cui dispongono, la spregiudicatezza del loro management ed anche la loro rapidità decisionale, normalmente affidata a board ristretti, ma di altissima competenza, gli ha spesso consentito d’influenzare l’andamento dei mercati in relazione ai loro obiettivi.

Proviamo a comprendere di che capacità finanziaria dispongono alcuni di questi fondi sovrani: il Norges bank Investment Management con sede in Norvegia detiene investimenti per circa 1.400 miliardi di dollari, mentre il fondo saudita Public Investment Fund detiene un patrimonio di circa U$ 750 miliardi; complessivamente i primi fondi sovrani arabi gestiscono risorse per circa U$ 3.800 miliardi, ovverosia oltre il doppio del P.I.L. italiano; una massa finanziaria che potrebbe rilevare l’intero debito pubblico del nostro paese, che ancor oggi risulta essere il gravoso handicap che frena la ripresa economica. Dopo questa sintetica premessa veniamo all’attualità e soprattutto al patrimonio delle famiglie italiane: il mattone. Infatti proprio il patrimonio immobiliare dei cittadini italiani potrebbe divenire l’obiettivo della speculazione finanziaria da parte dei fondi sovrani e questo anche a seguito della Direttiva “green” del 14 Marzo 2023 dell’U.E. denominata EPBD, che ha approvato una serie di norme che impongono ai proprietari di immobili la ristrutturazione degli edifici al fine di addivenire al necessario efficientamento energetico. Sono state individuate oltre 75 milioni di unità abitative che necessiterebbero di un’adeguata ristrutturazione per rispondere agli standard europei, con un preventivo medio di spesa per immobile compreso tra i 35.000 ed i 70.000 euro, assommando così all’astronomica cifra di circa mille miliardi di euro che i proprietari degli immobili dovrebbero sostenere, un onere davvero insopportabile per le famiglie italiane.

A completare il quadro, prossimamente il sistema bancario andrà ad adottare i nuovi pilastri di Basilea 3 e successivamente di Basilea 4, con la conseguente contrazione delle erogazioni, senza contare che l’inflazione ha già notevolmente incrementato il costo del denaro. Nemmeno il governo italiano avrà le risorse necessarie per supportare questo oneroso impegno, in quanto i conti pubblici sono gravati dall’ammortamento del cosiddetto “110%” che tra l’altro ha portato ulteriori rischi incagliati al sistema bancario. In questa “tempesta perfetta” gli analisti dei fondi sovrani potrebbero avere buon gioco nel rilevare quantità estremamente rilevanti di NPL no performance loan quelle sofferenze bancarie che tanto hanno inciso sulla capacità di erogare finanziamenti da parte del nostro sistema creditizio. Dunque la “casa”, bene ritenuto giustamente primario dalla gran parte dei nostri concittadini, appare oggi a rischio.

Di fatto nel prossimo decennio moltissimi nostri concittadini da proprietari di case potrebbero divenire affittuari dei fondi di real estate stranieri, gestori della grande liquidità detenuta dai fondi sovrani. Difficile trovare una corretta soluzione, appare auspicabile che gli europarlamentari che verranno eletti nella prossima primavera, prescindendo dalla provenienza partitica, possano fare fronte comune a Bruxelles per modificare la succitata “Direttiva green”, trovando altre forme volte a limitare l’impatto ambientale, ma senza che queste danneggino ulteriormente il nostro tessuto sociale, già compromesso dalla guerra russo/ucraina che ha fortemente incrementato i costi dell’approvvigionamento energetico, nonché delle materie prime, per le nostre industrie manifatturiere. Auspicando dunque che i fondi sovrani possano guardare all’Italia con l’intento di investire nel nostro paese e non di speculare sulle spalle dei nostri concittadini.


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