Da domani niente maschiera. Ma sarà davvero una liberazione? Gli italiani non si saranno liberati dal Covid ma sono guariti dalla sindrome di Stoccolma. Usciti fuori dal tunnel in cui erano stati gettati nella pandemia, quando ancora si moriva. Gettati da coloro che, facendo leva sull’innata paura della morte, hanno prosperato, sospendendo a colpi di dpcm i diritti costituzionali di un popolo, senza poi di fatto cambiare la sanità e adeguare i servizi all’enmergenza.
Non è questione di ideologia, ma di fatti. Ormai il Covid colpisce ancora, ma è poco più di una influenza. Eppure c’è chi in Italia immagina ancora noi prigionieri in casa in preda a riti propiziatori fatti di canti sui balconi e striscioni arcobaleno. Tutti uniti sotto il pensiero unico dell’andrà tutto bene, in una sorta di culto religioso in salsa Jim Jones che non è finito in un suicidio collettivo ma certamente in una guerra tra poveri. Guai a levare una voce dissidente che mettesse in dubbio la legittimità delle autodichiarazioni da esibire per andare a fare la spesa o portare fuori il cane. Con il lockdown sono state sospese perfino la libertà di espressione, di pensiero, lasciando ogni speranza in un cassetto troppo nascosto a favore dei protocolli intransigenti e privi di umanità elaborati dal ministro della Salute Roberto Speranza. Mascherine all’aperto, con il risultato di vedere persone imbavagliate nonostante fosse da sole in macchina. Obbligo vaccinale e green pass al profumo di primula, con i no vax disposti a perdere finanche il lavoro pur di non iniettarsi il siero. Non ultimo il disastro sul fronte sanitario, perché sono stati sospesi gli esami salvavita, come i controlli per la prevenzione dei tumori, rimandati interventi chirurgici urgenti e dichiarati off-limits reparti ospedalieri ai parenti di pazienti che soffrono in un letto in corsia. Ma adesso giù le mascherine: gli italiani non sono più disposti a vivere da malati per morire da sani e confidano che il prossimo governo di Giorgia Meloni affronti il covid non più come un’emergenza, ma come una malattia endemica, che merita ovviamente attenzione, non certo straordinarietà. È questo che emerge dalle interviste nella Capitale. “Ho avuto il covid due volte, nonostante abbia fatto tutte e tre le dosi l’ho preso abbastanza forte. Eppure sono la prima che spero di non vedere più i lockdown e obblighi vaccinali”, dice Maria Teresa, avvocato. “Ho perso un amico nei primi mesi della pandemia”, aggiunge l’imprenditore Paolo, “ma non per questo dobbiamo smettere di vivere. Abbiamo altri problemi, mi preoccupa più il caro bollette che il covid”. Sottolinea Giuseppe, farmacista: “Perfino l’Oms si è sbilanciato e sostiene che la fine della pandemia è vicina, quindi la nuova fase dei contagi esige protocolli nuovi e adeguati alla minore incidenza del coronavirus”. La ricetta del governo Meloni prevede l’aggiornamento dei piani pandemici e la revisione del Piano sanitario nazionale, interventi che vadano oltre la pandemia, con il ripristino delle prestazioni ordinarie, delle procedure di screening e l’abbattimento delle liste d’attesa, fino al contrasto al covid-19 attraverso la promozione di comportamenti virtuosi e adeguamenti strutturali, come la ventilazione meccanica controllata e il potenziamento dei trasporti. Il tutto “senza compressione delle libertà individuali”, si legge. Il nuovo esecutivo si troverà presto a dover prendere i primi provvedimenti sanitari. I contagi da coronavirus, infatti, sono già in aumento: ieri si sono registrati 37.522 casi, su 198.119 tamponi processati, e 30 decessi, con il tasso di positività al 18,9 per cento. In aumento i ricoveri ordinari (+134) e le terapie intensive (+2). Nell’ultima settimana, secondo i dati Gimbe, il balzo delle infezioni è stato del +34 per cento. Intanto da ottobre le mascherine non saranno più obbligatorie sui mezzi pubblici, mentre è ancora un mistero che cosa ne sarà dell’obbligo negli ospedali, nelle strutture sanitarie e nelle Rsa. L’ordinanza scadrà oggi, ma il ministro Speranza è tentato di mettere in atto l’ultimo colpo di coda e prorogarle di un mese. Resta in vigore fino al 31 dicembre l’obbligo di green pass per gli operatori sanitari e i visitatori negli ospedali.