Cultura & Spettacolo

ARTE: John Corbidge il grande pittore dimenticato

di Redazione -


Una missione ripristinare la rilevanza che merita. E’ stato un grande artista, moderno e rivoluzionario, ma ora sono solo in pochi che ne ricordano il valore.

Il principe Aga Kahn lo aveva chiamato in Sardegna. Voleva le pareti delle sue splendide dimore in Costa Smeralda affrescate dalla sua pittura innovativa dai colori intensi.

John Corbidge nasce nel 1935 a Sheffield. Sua madre fin da subito lo incoraggia nel disegno intuendone le potenzialità. Il suo talento nel dipingere – a dispetto dello scrittore George Orwell che sosteneva che gli inglesi non erano portati per la pittura – emerge fin da bambino. A soli cinque anni un suo dipinto viene selezionato ed esposto in una famosa galleria londinese, the Burlington House. Vive a Loxley che, secondo una leggenda, faceva parte in passato della Foresta di Sherwood, quella occupata da Robin Hood. Dopo gli studi artistici allo Sheffield College of Arts e il diploma alla Slade School di Londra, comincia i suoi viaggi per tutta l’Europa mosso da un’insaziabile sete di conoscenza e curiosità. Tra l’Inghilterra e la Grecia, fra il Mediterraneo e la costa dell’Adriatico. Sta un periodo a Trieste, poi in Francia dove nel ’56 viene premiato per le sue opere, a Ventimiglia, nelle Marche tra la provincia di Ancona e quella di Macerata, ad Atene e a Cipro. A Milano, Venezia, Bologna, Bolzano, Taormina, Merano e a Udine. A New York, Beirut, Tel Aviv, Nicosia e Francoforte. Non è più un pittore solo inglese – si potrebbe rispondere a Orwell – ma un pellegrino dell’arte. Un pittore del mondo. E’ un pittore espressionista post guerra mondiale. Si concentra nello studio della figura che è spesso sensuale – come lui stesso ammette – pur completamente vestita. Una figura in relazione con lo spazio attorno a sé. Vuole che ci sia: “un equilibrio tra figura e spazio, come una corda musicale che quando viene toccata, carica tutto con il suo odore e la sua scala” Per Corbidge l’immagine dell’uomo rappresentata deve far identificare chi la osserva. L’osservatore deve condividere molto con il personaggio raffigurato, ci si deve identificare per ritrovare se stesso. Da giovanissimo, poco più che diciottenne, si presenta a Recanati in casa Leopardi attratto dal poeta marchigiano. Voleva studiare le sue poesie. Ha il look di un giovane John Lennon, i capelli lunghissimi e il suo precoce carisma. E’ quasi un hippy. Da lì nasce un’amicizia profonda con la contessa Leopardi che lo ammira ed arriva ad ospitarlo a casa sua. Diventa uno di famiglia. Poi la sua sete di conoscenza lo spinge pure in provincia di Ancona, a Sirolo, dove giunge a metà degli anni ’50 per quasi dieci anni. Per far ritorno ogni volta che può.

E’ a Sirolo, nella splendida cittadina sul Conero, che si scoprono la maggior parte degli aneddoti su di lui. Vive solo come un vero artista sa fare. Ospite di cittadini gentili che intuiscono la sua grandezza.

Risiede per lunghi periodi nell’albergo ristorante Amedeo di Domenico Spadari, l’attuale Hotel Camera con Vista – Blu Panoramic. La sera cena spesso con la loro famiglia rifocillato con l’ottima cucina della proprietaria Deima Baldelli. Pernotta in diverse case, a volte è ospite di Bianchelli. Altre dall’amico Peppinello Ghirardelli. Sua moglie Nadia gli prepara delle ottime crostate. Peppinello e la sua famiglia lo aiutano anche a prendere casa in affitto nell’estate del 1974. Si fornisce di colori e tele dal colorificio di Anna Polo, suo marito Giulio ricorda di quando John dipingeva un murales alla Conchiglia Verde. Caratteristica comune di ogni artista squattrinato, contraccambia regalando le sue tele, ben consapevole del valore della sua arte. Molti non la capiscono ma, nonostante ciò, continuano ad aiutarlo per simpatia. Adorano il suo sense of humour e lo trattano come un familiare. Inventa una scuola di pittura per artisti dilettanti, frequentata soprattutto da una ventina di signore inglesi, che risiedono nei pressi di Ancona e che frequentano l’hotel ristorante Amedeo. In primavera, le porta a ritrarre panorami pittoreschi sul Conero. Cavalletto, tela e via. Tra loro nel gruppo non partecipava però Jicky, l’agente segreto britannico residente a Sirolo nel più profondo anonimato. L’insondabile Jicky conosceva John Corbidge e chiacchierava spesso con lui senza mai rivelargli chi fosse davvero. Impenetrabile. Entrambi inglesi, entrambi anticonformisti nella vita privata. Politicamente Jicky era pro governo britannico, mentre John antisistema. Lucio Lodovichetti lo incontra negli anni ’50. Diventano amici e lui per regalo dipinge un Presepe sullo specchio della barberia del padre Gigi. Due rettangoli di specchio vengono lasciati liberi per poter lavorare. Passate le feste natalizie, dopo l’Epifania purtroppo il dipinto viene rimosso. Frequenta i Chiodoni di Ancona, i Leonardi di Osimo e i Guzzini di Recanati. Così sopravvive per molto tempo. Sue personali di pittura vengono organizzate a Macerata. Nel 1960 espone a Roma. Una mostra a Cipro, al Museo Nazionale e una a Londra omaggiata da uno dei maggiori critici d’arte al mondo nel Guardian, Eric Newton. Lo definisce esuberante e innovativo. Dipinge la scenografia per un celebre teatro americano. Murales a Milano. Una mostra a Beirut e a Nicosia. Una in Germania. E’ invitato a New York e in Arizona. A Sirolo tutti lo ricordano come carismatico, intelligente e coinvolgente. Un seduttore di esseri umani. Sempre con la battuta pronta e con una schiettezza disarmante. Se una persona non sapeva dipingere, glielo spiattellava direttamente in faccia. Sempre curioso delle vite altrui, non per gossip, ma come osservatore del comportamento e della personalità. Lo chiamavano Johnny. Lo apprezzavano anche per le sue idee anti establishment, indipendentiste e pacifiste. Un ribelle. Uno spirito libero con un mondo interiore poetico. Attratto anche dalla musica. E dalla luce, sua costante fonte d’ispirazione. La prima moglie, molto bella, è la figlia di un industriale facoltoso cipriota che conosce in Inghilterra da giovanissima mentre studia. Poi la seconda Andri, ancora più bella, anch’essa di Cipro. Ne sopportano l’irrequietezza, i suoi continui viaggi invitato da musei e gallerie famose. A Cipro nel 1974 perde il suo studio distrutto dall’invasione turca. Anche se lui, sua moglie e i tre figli in quel momento si trovano in Italia, ne rimarrà turbato per sempre. Alla tragedia di Cipro dedica il ciclo di opere chiamato Bitter Sun, il sole amaro. Donne dall’immagine sofferente per aver perso la casa a seguito dell’occupazione turca sempre con la dignità negli occhi. Lo strazio della popolazione cipriota.

“Dal 1974 – dichiarò Corbidge – dopo l’invasione turca di Cipro, il mio lavoro è sempre stato un’accusa e un lamento. Piazzo simboli antichi, statue ed elementi bizantini nell’ambito di un contesto, quello dell’ingiustizia e dell’immoralità della guerra. L’avvertimento implicito in questi miei lavori è, più che un commento per la passata tragedia, dà il sapore di un pericolo futuro che coinvolge tutti noi. Il pericolo della distruzione di una civiltà, qualcosa che ho vissuto io stesso a Cipro e nel Medio Oriente”.

“…[Corbidge]…sa che la parola, il grido, il tormento dei torturati, il sangue delle vittime innocenti possono essere sfruttate come propaganda politica di parte. Egli preferisce il silenzio, lo sguardo di una madre serena, composta, fiera. Ma il nero di quegli occhi uccide la parola, ogni parola”. Scrive G. Montenero nel 1975.

 

John Corbidge muore nel 2003 a Cipro. Le sue opere sono esibite in molte gallerie internazionali.

E’ stato un grandissimo pittore oltre che un altrettanto grande uomo che ha raggiunto i suoi livelli solo con il talento e mai per essersi piegato al potere o accettato compromessi. 

Era geniale ma con la purezza di un bambino. Per questo la fama di John Corbidge, di recente dimenticata, deve essere nuovamente ripristinata e riportata agli antichi splendori. Anche da noi che lo abbiamo conosciuto solo dai racconti entusiasmanti di chi lo ha incontrato o tramite le diverse pubblicazioni d’arte. 

A partire da ora, nell’anniversario dell’ottantacinquesimo anno dalla sua nascita.

 

Nicoletta Maggi


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