Economia

Austria, Gazprom chiude il gas e Nehammer fa la voce grossa (ma ha i piani di emergenza pronti)

Gazprom lascia a secco il principale impianto di stoccaggio del gas austriaco, ma Vienna non vuole sentire ragioni.

di Ilaria Paoletti -


Sono parole di fuoco quelle del premier austriaco Karl Nehammer, che in un’intervista rilasciata a Kronen Zeitung, dichiara: “Se la Gazprom russa non riempirà il nostro più grande deposito, glielo prenderemo e lo consegneremo ad altri fornitori!”. Al centro delle tensioni il polo di Haidach, vicino a Salisburgo. Costruito su un giacimento di gas esaurito e convertito in “serbatoio” nel 2005 al costo di € 250 milioni di euro, è l’impianto di stoccaggio più grande dell’Austria e il secondo dell’Europa centrale. E il fatto che un sito di tale importanza sia rimasto vuoto non è una buona notizia per nessuno, Austria in primis. Nelle scorse settimane, i media russi avevano riferito di una disponibilità di Vienna a pagare il gas russo in rubli. Circostanze smentite da Nehammer, che con un secco tweet ha bollato il tutto come un “falso della propaganda russa”. “Ovviamente, OMV (l’agenzia energetica austriaca, n.d.r.) continuerà a pagare in euro il gas dalla Russia” ha chiarito Nehammer “l’Austria aderisce rigorosamente alle sanzioni dell’UE concordate”. Tuttavia il ministro dell’Ambiente Leonore Gewessler, nello smentire l’ipotesi del pagamento in rubli, è stata costretta ad ammettere come Vienna sia ancora stretta nella morsa energetica del gigante russo: «Vladimir Putin fa la guerra anche con le forniture energetiche e tutto deve essere fatto in questo Paese per ridurre la nostra dipendenza dal gas russo il più rapidamente possibile», dice. Nonostante la linea dura esibita da Nehammer, infatti, l’Austria è ancora troppo dipendente dalla Russia: più dell’80 per cento del gas che importa arriva da lì. E già da marzo, proprio come la Germania, Vienna si è trovata costretta ad attivare un sistema di emergenza per mettersi al sicuro in caso di blocco totale delle esportazioni da parte di Mosca. L’ultima fase del piano prevede il razionamento delle risorse energetiche: un’ipotesi catastrofica. E mentre oggi ad Haidach il serbatoio di gas giace laconicamente vuoto, The Economist, annota come “l’economia russa sta bene nonostante le sanzioni” rivelandosi “sorprendentemente resiliente”. Nessun crollo del Pil del 15% in vista, complice un’economia storicamente “chiusa” da ben prima dell’operazione in Ucraina. Se Germania e Austria già contemplano piani di emergenza e razionamento dell’energia, l’economia russa, anche in caso di embargo su gas e petrolio, comincerebbe ad avere effetti negativi soltanto a inizio 2023. Solo nel primo trimestre dell’anno, Mosca ha registrato un aumento di oltre l’80% degli incassi su base annua sugli idrocarburi. Le esportazioni per il Cremlino vanno tutto sommato bene: i Paesi occidentali, dopo tutto, non hanno mai smesso di comprare petrolio e gas da Putin. E questo, con buona pace di Nerhammer, è l’unico dato che conta.


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