Bagarre alla Camera sul decreto Sicurezza
Non c’è pace per il dl Sicurezza, nel mirino delle opposizioni fin dalla sua presentazione, avvenuta dopo lo stop imposto al Senato a un primo testo, elaborato sotto forma di un disegno di legge, rimasto lettera morta e il cui contenuto è stato assorbito dal nuovo provvedimento. Una mossa attuata dal governo per superare le lungaggini, anche relative alla calendarizzazione, dell’esame di misure che rischiavano di rimanere impelagate ancora a lungo a Palazzo Madama. E se già la trasformazione del provvedimento in un decreto aveva sollevato le forti critiche dei partiti di minoranza, l’accelerazione impressa al suo iter alla Camera è stata, per così dire, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La seduta congiunta delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia di Montecitorio di ieri si è infatti conclusa letteralmente tra le urla, dopo che la concitazione aveva accompagnato l’intera giornata di lavori. Proprio il contingentamento dei tempi, ritenuto eccessivo ed estremamente stringente dalle opposizioni, ha infatti scatenato le proteste fin dall’avvio della seduta. Dinanzi alla determinazione della maggioranza di chiudere la seduta della commissione entro le 17 conferendo il mandato al relatore a riferire in aula lunedì, la discussione è stata stroncata e anche le dichiarazioni di voto sono state oggetto di una sorta di ‘tagliola’. La situazione è quindi degenerata dopo che per mezza giornata si erano susseguiti gli appelli di diversi esponenti dei gruppi di minoranza al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, affinché intervenisse a garantire i tempi necessari alla discussione del decreto e all’esame dei singoli emendamenti. Poi, al termine della seduta lo scranno più alto di Montecitorio è stato chiamato nuovamente in causa dai capigruppo di opposizione che hanno scritto una lettera chiedendo un intervento a fronte di quanto accaduto. Questione dunque tutt’altro che chiusa con le proteste di ieri che, anzi, sembrano essere solamente l’antipasto di una situazione di tensione ben maggiore che potrebbe verificarsi lunedì, quando il dl Sicurezza approderà in aula e, con ogni probabilità, il governo porrà la questione di fiducia, blindando il provvedimento e riducendo ulteriormente il margine per eventuali modifiche, oltre che lo spazio per la discussione. Ad annunciare “un’opposizione durissima” ci pensa Riccardo Magi di +Europa, denunciando che “tutto l’iter di questo decreto è stato messo in atto per eludere l’esame parlamentare. Se consideriamo che verrà messa la fiducia anche in aula, è il delitto perfetto rispetto al Parlamento”, accusa. Di “forzatura inaccettabile” parla invece Simona Bonafè del Pd, mentre Maria Elena Boschi non vede rispettate le “esigenze di un dibattito parlamentare che possa consentire alle opposizioni almeno di poter dire come la pensano nel momento in cui vengono limitati i diritti e le libertà personali fondamentali”. Dal fronte della maggioranza, invece, è il deputato di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì a rispedire le accuse al mittente e ad accusare l’opposizione di aver utilizzato “un singolare ed innovativo strumento ostruzionistico: quello contro sé stesse”, avendo sprecato gran parte del tempo destinato all’esame del provvedimento con continui richiami sull’ordine dei lavori piuttosto che occuparsi del merito delle norme.
Torna alle notizie in home