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Bassam Essam Rady: “Giorgia Meloni ha dato stabilità al Governo italiano”

di Cinzia Rolli -


L’Ambasciatore d’Egitto in Italia, S.E. Bassam Essam Rady, considera il nostro Paese una seconda patria. Già vice ambasciatore in Giappone e Console Generale a Istanbul, è stato anche direttore degli Affari delle Nazioni Unite e membro del Comitato di Sicurezza per l’Antiterrorismo nel 2015.

L’Egitto è da tempo in prima linea nella lotta al terrorismo. Quali sono le iniziative più recenti, a livello di cooperazione internazionale, volte a rafforzare intelligence, sicurezza dei confini e lotta alle idee poste a fondamento della radicalizzazione?
“La domanda è di quelle importanti. Il terrorismo costituisce un pericolo e una minaccia attuale non solo per l’Egitto. Il terrorismo ha avuto un’evoluzione; attraverso l’utilizzo dei social media vengono attirati molti giovani mediante l’indottrinamento. Mentre in passato era localizzato in luoghi specifici, oggi si muove più facilmente da un posto all’altro ed è strettamente connesso con la criminalità organizzata, collegata al traffico di armi ed esseri umani soprattutto mediante l’immigrazione clandestina. Ed è proprio per questo motivo che gli strumenti utilizzati in passato per combattere questa forma di violenza non vanno più bene oggi. Non è più il singolo combattente eversivo che bisogna contrastare. Parlando dell’Egitto, tutte le idee radicali hanno come unica fonte quella del movimento dei Fratelli Mussulmani, fondato nel 1928. Si tratta di un’organizzazione estremamente pericolosa, più della mafia. Dopo la caduta di Mubarak nel 2011, nel 2012 vennero indette nuove elezioni che portarono praticamente alla vittoria del movimento dei Fratelli Mussulmani i quali governarono per un anno intero in modo fallimentare, cancellando la Costituzione. La società egiziana ha opposto resistenza e nel 2013 la popolazione è scesa in piazza per cinque giorni consecutivi. Anche io ero presente. Si temeva lo scoppio di una guerra civile, i militari sono dovuti intervenire e successivamente sono state indette nuove elezioni. Il movimento dei Fratelli Mussulmani ne è uscito sconfitto e ha iniziato a minacciare di bruciare l’Egitto e di raccogliere tutti i soldati presenti nelle varie parti del mondo per combattere.
La loro base era nel Sinai (si sono stabiliti nel Sinai, da dove hanno lanciato le loro operazioni, trasformando la regione nella loro base operativa ) e per due anni è stato l’inferno. Alla fine il Presidente Abdel Fattah al Sisi ha deciso di dare più potere ai militari egiziani per contrastare questa organizzazione criminale come una vera e propria guerra, durata poi circa otto anni. Oggi la situazione è completamente cambiata. Prova ne è, per esempio, l’aeroporto della città di Al – Arish che è stato riaperto. Tutte le attività governative hanno ripreso a lavorare e il terrorismo è stato sconfitto non completamente ma quasi del tutto, un buon 90/95 %. I capi dell’organizzazione però si trovano all’estero. In Europa come in America. Bisogna sconfiggere il terrorismo non con le armi ma con il rendere le persone sin da piccole aperte alle diversità e alla convivenza. Per esempio in passato era impensabile costruire o ristrutturare una chiesa. Ora vengono edificate prima le chiese delle moschee. Così i giovani sono abituati a vedere una chiesa accanto ad una moschea e non potranno essere influenzati facilmente dagli estremisti”.

Il legame tra Egitto e Italia è stato sempre molto forte. Oltre alla presenza storica di Eni e al Piano Mattei per l’Africa, quali sono gli investimenti italiani in Egitto attualmente?
“L’Italia è il partner economico europeo più importante ed il quarto a livello mondiale. L’Egitto apprezza le imprese italiane per il loro modo di lavorare. L’Italia è un Paese che ha tutto. Rappresenta la storia, dalla civilizzazione romana alla scienza politica di Niccolò Machiavelli nonché alla fondazione dell’Unione europea. Se il mondo fosse un solo Paese Roma dovrebbe essere la Capitale. Il Presidente Abdel Fattah al-Sisi e il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni hanno la volontà di sviluppare ancora di più i rapporti economici tra i due Paesi. Giorgia Meloni è un leader molto consapevole dell’importanza delle relazioni internazionali, ha sviluppato una notevole influenza all’interno dell’Unione europea nonché ottimi rapporti con gli Stati Uniti. Ha una visione lungimirante e patriotica e ha dato stabilità al Governo italiano. Si è dotata di un’ottima squadra di lavoro, competente ed efficiente”.

Cosa può dirci riguardo il progetto per la realizzazione di un corridoio verde per il trasporto di energia elettrica verso l’Europa?
“Per lo sviluppo di questo progetto ci vuole tempo. L’Egitto ha il sole ed il vento, il vento soprattutto nella parte est verso il Mar Rosso. Attualmente l’energia elettrica è per il 40% prodotta tramite energia rinnovabile e il corridoio verde sarà il modo di esportare energia naturale e importare divise estere. Nel Piano Mattei l’Italia ha coinvolto in maniera specifica Egitto e Algeria proprio per l’energia. Le operazioni riguardanti le fonti energetiche sono state velocizzate dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Ottimo il rapporto che lega l’Egitto ad Eni, presente dagli anni cinquanta nel nostro Paese. Appartiene ad Eni il più grande giacimento di gas naturale del Mediterraneo”.

L’Egitto è un mediatore fondamentale e custode del valico di Rafah, essenziale per gli aiuti a Gaza. Come valuta l’attività svolta dalla cooperazione internazionale per garantire un flusso continuo e sicuro degli aiuti umanitari?
“L’Egitto è il Paese maggiormente coinvolto nella questione palestinese ed è quello che ha assunto la maggiore responsabilità .Ha affrontato quattro guerre con Israele: nel 1948, nel 1956, nel 1967 e nel 1973.
Chiudere Gaza significa trasformarla in una prigione a cielo aperto. La posizione dell’Egitto è chiara: il 70% degli aiuti proviene dall’Egitto. Al valico di Rafah, che ha due lati (egiziano e israeliano), è il lato israeliano a bloccare in gran parte l’ingresso degli aiuti: si afferma che migliaia di camion siano pronti a transitare, ma che soltanto poche centinaia vengano autorizzate a passare di tanto in tanto. Anche quando i convogli passano, le merci vengono talvolta confiscate — perfino sedie a rotelle — e le procedure burocratiche sono estenuanti. Si denuncia inoltre la volontà di spostare la popolazione palestinese nel territorio egiziano per liquidare la questione palestinese, con il rischio che membri di Hamas si trasferiscano oltreconfine e che ciò apra la strada a possibili azioni militari transfrontaliere”.

Lei, S.E., conosce sia la sfera politica che quella diplomatica. Qual è la differenza tra il lavoro di un politico e quello di un diplomatico?
“La diplomazia e la politica sono strumenti utilizzati dagli Stati per raggiungere i propri obiettivi. Oltre a questi mezzi ci sono quelli rappresentati dalla cultura, dall’economia e alla fine anche dal potere militare, utilizzato quando falliscono tutti i metodi precedenti. Con la diplomazia si cerca di realizzare uno scopo in modo non conflittuale. La politica, pur avendo una componente diplomatica, è differente. È interesse pragmatico. Non sempre è dritta e non sempre è corretta: come diceva Machiavelli, il fine giustifica i mezzi”.


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