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Bassetti: “Inchiesta politica. Ogni scelta era un’incognita”

di Rita Cavallaro -

MATTEO BASSETTI MEDICO DIRETTORE CLINICA MALATTIE INFETTIVE OSPEDALE POLICLINICO SAN MARTINO


“L’inchiesta di Bergamo puzza di processo politico. È un errore clamoroso voler andare ad analizzare solo il febbraio 2020, perché qualunque decisione è stata presa allora era un po’ come tirare una moneta. Se fosse stata analizzata tutta la gestione della pandemia, sarebbe un altro discorso, perché di errori ne sono stati commessi, ma non quelli di Bergamo, perché brancolavamo così tanto nel buio che ogni tipo di scelta era un’incognita”. Parla Matteo Bassetti, primario di Infettivologia al San Martino di Genova.
Professore, lei non ravvisa le responsabilità che i pm contestano agli indagati?
Ogni scelta fatta dalla politica era basata sulle indicazioni del Cts, ma in quel momento la scienza brancolava nel buio. Bisogna trovare per forza una colpa? L’unica colpa ce l’ha il virus. Processiamo il virus. O chi non ci ha detto la verità, i cinesi. Ma tornare a quello che è successo in quel periodo con gli occhi di oggi, con tre anni di conoscenza, credo sia un gravissimo errore. Le dico di più: avendo vissuto da medico, sulla mia pelle, le decisioni che prendevamo, se in quel momento avessi dovuto pensare che sarebbe arrivato un giorno in cui ci avrebbero processati per quello che abbiamo fatto, allora questo è un paese ingrato. Il tribunale non è il luogo dove fare questo processo ma se vogliamo farlo, che sia scientifico.
In che senso?
Che non è possibile che le conclusioni si basino su un consulente unico, Crisanti. Lo trovo anche antidemocratico, che decide uno che non è neanche il più meritevole di tutto il movimento scientifico italiano. Crisanti è una persona che stimo, ma si dimentica una cosa fondamentale: in quel momento non avevamo i tamponi. Cosa si poteva fare? Sull’istituzione della zona rossa si può essere d’accordo, ma sulle Rsa, quando ce ne siamo accorti, il virus era già là dentro. Quindi le conclusioni a cui è arrivata questa inchiesta non le condivido per la semplice ragione che quando si affronta un nemico come il Covid-19, bisogna sempre porsi dove si era, cioè nel febbraio 2020. Oggi, col senno del poi, è chiaro che avremmo fatto scelte diverse, ma sono tre anni di conoscenze, di studio.
Lei propende per un collegio di periti?
Certo, perché io che faccio queste perizie le dico che consulenti scientifici di rilievo arrivano spesso a conclusioni diametralmente opposte. Trovo sbagliata quest’ingerenza della magistratura, ma è evidente che questo è un paese governato dai processi. E pure sul Covid devono dire la loro. Non ho mai avuto una simpatia nei confronti di Speranza e di Conte, ma non è così che si analizzano le cose. A questo punto l’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta Covid, sulla quale ho avuto qualche dubbio e per la quale sono stato audito oggi (ieri, ndr) in Commissione Affari Sociali della Camera, dopo la mossa della procura di Bergamo credo sia utilissima, perché è un organismo terzo, sceglierà dei consulenti, si guarderanno le singole decisioni sulla base di un gruppo di esperti. Può essere un contraltare, anche se nessuno vuole fare il contraltare alla magistratura. E valuterà questioni oggettive per migliorare, se dovesse succedere qualcosa di simile in futuro.
Lei ha già portato l’attenzione su una possibile pandemia di aviaria?
Sì. Non dobbiamo fare l’errore che siccome la gente dopo tre anni è stufa di sentir parlare di virus allora noi ne parliamo più, come abbiamo fatto con la Sars del 2003. L’aviaria c’è, ci sono stati alcuni casi che non devono allarmarci, ma ci devono mettere nella condizione di organizzarci. Il Covid ci ha preso alle spalle, dobbiamo accelerare sulla ricerca dei vaccini per l’aviaria, per renderli disponibili per chi lavora con i polli e gli allevamenti.
E chi lo dice ai no vax che aspettiamo un altro vaccino?
Alla gente bisogna dire che i vaccini salvano la vita. Sull’aviaria è necessario lavorare velocemente a un vaccino a livello internazionale per avere farmaci attivi, cosicché se arriva un paziente possiamo curarlo. Evitiamo la censura, perché non parlare di un problema vuol dire minimizzarlo.

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