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“Bastardo! Bastardo!” Quindici colpi nel buio uccidono papà di 3 figli

di Ivano Tolettini -


“Bastardo! Bastardo!”. Le urla, ripetute due volte, secche, hanno squarciato il silenzio di via Sabotino come un colpo di pistola. Poi un tonfo, i passi di una corsa, il rumore di un corpo che cade sull’asfalto. Quando i carabinieri sono arrivati, poco dopo l’una e mezza, Marco Veronese, trentanove anni, era già morto. Trafitto da più di quindici coltellate al torace, riverso in una pozza di sangue, a pochi metri dal portone di casa dei genitori, dove era tornato a vivere dopo la separazione.

L’allarme dato da una passante

Un agguato feroce, consumato in pochi secondi, nel silenzio di un quartiere residenziale che fino a ieri sembrava immune dalla violenza. Un delitto senza testimoni diretti, ma con una traccia precisa: la voce, e quelle parole gridate nel buio, che ora risuonano come l’eco di una vendetta. L’allarme è partito da una donna di passaggio, che ha visto un uomo fuggire a piedi, con il volto coperto dal cappuccio di una felpa nera. “Era incappucciato, correva come se avesse il diavolo alle spalle”, ha raccontato ai carabinieri. Sul posto sono arrivati i soccorritori del 118, ma ogni tentativo di rianimazione è stato inutile. L’imprenditore era già spirato, colpito al cuore e all’addome da fendenti precisi, rabbiosi, inflitti con un coltello a lama lunga.

“Delitto ripreso?”

Marco Veronese era un piccolo imprenditore noto nella zona ovest di Torino. Aveva fondato una società specializzata in sistemi di videosorveglianza, lavorava con negozi, condomini e aziende della cintura metropolitana. E proprio le telecamere da lui installate in un negozio, vicino al teatro dell’agguato, potrebbero avere riprese le drammatiche fasi. Padre di tre figli, separato da poco, si era trasferito di nuovo dai genitori in attesa di trovare una nuova casa. Una vita apparentemente tranquilla, divisa tra lavoro e famiglia, senza ombre visibili. Ma dietro quell’equilibrio si nascondeva forse una tensione che qualcuno, stanotte, ha deciso di spezzare nel sangue. Gli investigatori della compagnia di Rivoli e del Nucleo investigativo di Torino hanno passato le prime ore della notte a isolare la scena del crimine e raccogliere testimonianze. Le telecamere del bar “Bermuda”, all’angolo tra via Sabotino e corso Francia, potrebbero aver ripreso l’aggressore in fuga. Gli inquirenti lavorano su due piste principali: il movente sentimentale, una relazione interrotta o un conflitto legato alla separazione; e quello professionale, collegato alle attività della ditta di videosorveglianza.

“Più teso del solito”

Veronese, raccontano alcuni conoscenti, era un uomo corretto e preciso, ma negli ultimi tempi sembrava più teso del solito”. Aveva avuto alcune dispute su forniture e impianti non saldati, e qualcuno ipotizza che possa aver ricevuto minacce. Tuttavia, nessuna denuncia formale era stata presentata. Anche l’ambito privato resta da scandagliare: la separazione recente, la gestione dei figli, qualche nuova frequentazione che potrebbe aver scatenato gelosie o rancori. Nel quartiere, l’incredulità è totale.

Le testimonianze

“Verso l’1.30 ho sentito gridare aiuto – racconta Matteo – ma ho pensato fosse la solita lite tra ragazzi. Qui non succede mai niente, ma ultimamente si vedono gruppetti strani, che bivaccano vicino alle macchinette”. Un’altra residente, Giorgia, ha incontrato in strada il padre della vittima poche ore dopo il delitto: “Era distrutto. Mi ha detto solo «hanno ammazzato mio figlio a coltellate», e tremava. Non riusciva nemmeno a stare in piedi”. Sua figlia, Sofia, ricorda quelle parole che ora non riesce a togliersi dalla mente: “Ho sentito gridare «che fai, bastardo?» Poi il silenzio. Non sapevo se fosse lui o l’assassino, ho pensato a una lite. Non ho avuto il coraggio di guardare dalla finestra”. Una terza testimone, che abita nello stesso stabile dei genitori di Veronese, racconta l’alba di una mattina che non dimenticherà: “Dovevo andare a lavorare come sempre – dice – ma quando sono scesa ho visto tutti i carabinieri sotto casa. Non avevo capito cosa fosse successo, poi il papà della vittima mi ha detto che avevano ucciso il figlio con delle coltellate. Gli ho chiesto se avesse bisogno di qualcosa e mi ha risposto «cerco di farcela». Mi ha detto che la moglie era in casa con due amiche. Mi sono sentita male, non sono andata al lavoro: ho chiesto un giorno di ferie, non volevo lasciare mia figlia da sola”. La donna descrive Veronese come “una persona gentile, un bellissimo uomo, bravissimo. Lo vedevo spesso quando portava i nipotini dai nonni”. Il tabaccaio Fabio Monaco afferma angosciato: “Era un uomo d’oro, aveva installato le telecamere del negozio. Sempre gentile, mai una parola fuori posto. Non riesco a credere che qualcuno lo odiasse tanto da ammazzarlo”.

La procura di Torino indaga per omicidio volontario

L’agguato potrebbe essere stato pianificato: l’assassino sapeva dove trovarlo e lo ha aspettato nel buio, tra la sua auto e il portone di casa. La lama ha colpito con precisione chirurgica: colpi di rabbia e di conoscenza. Forse un volto noto. La Procura di Torino indaga per omicidio volontario e sta ascoltando amici, familiari e colleghi, tracciando le ultime ore di vita di Marco. Una telecamera condominiale, a pochi metri dal luogo del delitto, potrebbe aver registrato l’assassino mentre si allontanava verso corso Francia. La ferocia di chi ha colpito racconta una sola cosa: non è un omicidio casuale.


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