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Beffa da 300 milioni e l’avvocato detective

di Ivano Tolettini -


Nel ventunesimo secolo ci sono in giro ancora così tanti risparmiatori creduloni che pensano di potere remunerare il proprio denaro col tasso d’interesse del 10% addirittura mensile? Quando già se fosse annuale sarebbe un premio quasi inverosimile. E per di più con le criptovalute, nonostante i tanti inviti alla prudenza delle autorità perché l’attività speculativa con questi problematici prodotti finanziari si è dimostrata pericolosissima e dalla quale una persona normale dovrebbe stare lontano mille miglia? La risposta è affermativa, se è vero, come lo è, che dal 2017-2018 fino alla primavera 2022 migliaia di risparmiatori non solo residenti in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Lazio, ma anche in Spagna, Inghilterra, Svezia, Germania e Dubai hanno consegnato ai titolari della trevigiana “New Financial Technology” (NFT) di Silea, che prometteva l’albero della cuccagna in terra, un tesoro stimato in quasi 300 milioni di euro che sulla carta si sarebbe vaporizzato. O magari è ben nascosto, in parte, in qualche caveau di un istituto internazionale e quando sarà passata la buriana giudiziaria potrà essere goduto. Lo certifica l’ennesima clamorosa beffa del risparmio tradito che coinvolge di nuovo anche il Nord Est e che si dipana sull’asse Treviso-Lugano-Stoccolma-Dubai. Nella capitale dell’emirato l’avvocato romano Emanuele Giullini, 43 anni, da qualche giorno è stato arrestato dalla magistratura di Dubai per truffa aggravata. A mettere gli inquirenti sulle tracce del legale è stato un altro avvocato, il bellunese Paolo Patelmo, che incaricato da 400 vittime ha vestito per mesi i panni del detective internazionale. Ha ingaggiato un team investigativo e lui stesso, che è rappresentante della Camera di Commercio di Dubai in Italia, è stato determinante per risalire a uno dei presenti artefici della clamorosa stangata, indirizzando sulle sue tracce la polizia dell’Emirato.

SCHEMA PONZI

Il caso scoppia lo scorso maggio quando i soci della NFT, con sede anche a Stoccolma e Lugano, l’avvocato Giullini e i trevigiani Christian Visentin e Mauro Rizzato, non sono più in grado di far fronte alle strabilianti promesse. Prendono tempo con la clientela che comincia a pressarli. Una delle prime Procure ad aprire un fascicolo per truffa aggravata è quella di Pordenone, cui si rivolgono alcune vittime. Il procuratore Michele Tito ai cronisti che gli chiedono lumi, spiega che “ancora una volta troppe persone non hanno voluto ascoltare i moniti di prudenza che vengono costantemente emanati dagli organi statali preposti e, invogliati da inverosimili guadagni, hanno investito imprudentemente i propri risparmi, guadagnati spesso con tanto sacrificio”. Il sospetto che dovrà essere provato dalle indagini – anche la procura di Treviso, dopo quella di Pordenone (e di altre città) ha aperto un fascicolo per truffa aggravata ed esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria – è che fin dall’inizio i soci della NFT potrebbero avere architettato la beffa consapevoli che la promessa del 10% di interessi non sarebbe stata mantenuta. Ecco perciò che gli interessi mensili sarebbero stati versati ai risparmiatori non tanto con la remunerazione degli investimenti, bensì con il capitale generato da successive sottoscrizioni di nuovi contratti da parte di risparmiatori che dovevano impegnarsi a versare da 10 mila fino a 300 mila euro al colpo. Il classico schema Ponzi che pare intramontabile. Visto che ci sono risparmiatori che per ingordigia ritengono di potere incassare quello che nessun onesto investitore potrebbe garantire. Per adesso l’autorità giudiziaria italiana non ha emesso alcun provvedimento cautelare a carico dei tre soci. Sotto inchiesta potrebbero finire anche i procacciatori, una decina, che hanno aiutato i titolari della NFT a raccogliere il risparmio in maniera irregolare.

FALSO NOME

L’abilità dell’avvocato Patelmo di scovare Giullini e Visentin a Dubai, il secondo è indagato a piede libero, con pedinamenti e segnalazioni mirate alla polizia, ha consentito alle indagini di fare il salto di qualità. Nello stato asiatico, dove sarebbero state commesse truffe, i due indagati, che pare vivessero sotto falso nome conducendo una vita da nababbi grazie ai soldi dei loro clienti, rischiano fino a 10 anni di carcere. Il processo dovrebbe celebrarsi entro sei mesi. E visto come funziona la giustizia italiana rischiano molto di più a Dubai, perché in caso di condanna dovrebbero scontare interamente la pena. Nel frattempo, la lista dei beffati si allunga e le storie sono quelle di sempre. Certo è che credere all’interesse del 10% al mese in anni in cui il tasso era negativo richiama le avventure di Pinocchio e il Campo dei miracoli.

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