Attualità

Berlino 9 novembre 1989: crollano il Muro e i regimi comunisti

di Redazione -


Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa si trovò divisa in due blocchi contrapposti: uno legato agli Stati Uniti e alle democrazie occidentali, l’altro assoggettato all’URSS. In attesa di un accordo tra i vincitori sui criteri della sua ricostruzione, nella conferenza di Potsdam (luglio – agosto 1945) vennero attuati gli accordi di Jalta (febbraio 1945) sulla divisione della Germania in quattro zone di occupazione militare (americana, inglese, francese e sovietica). La medesima sorte toccò alla capitale Berlino, territorialmente inserita nel settore controllato dai sovietici, che fu divisa in quattro settori sotto il controllo delle quattro potenze vincitrici.  La questione tedesca rimase irrisolta fino alla fine del 1946 quando i governi degli USA e della Gran Bretagna, e poi della Francia, si accordarono per la fusione e l’amministrazione congiunta delle rispettive zone d’occupazione a partire dal 1° gennaio 1947. L’anno successivo Berlino fu divisa in due parti separate: Berlino Est nel settore “sovietico” e, negli altri tre settori, sottoposti  ad un comando militare unico, Berlino Ovest. Nel mese di giugno le autorità sovietiche imposero il divieto di circolazione su strade e autostrade che la collegavano con il resto della Germania e il blocco delle linee ferroviarie e dei canali isolandola così completamente dai settori occidentali. Per rifornire i quartieri sotto il controllo degli Alleati, fu organizzato, con aerei statunitensi, britannici e francesi, un ponte aereo per assicurare alla popolazione berlinese e alle guarnigioni militari alleate rifornimenti di ogni tipo. Le autorità sovietiche ordinarono la cessazione del blocco nel maggio del 1949. Il deterioramento dei rapporti tra Washington e Mosca e l’annuncio che le tre potenze occidentali avevano l’intenzione di procedere autonomamente alla creazione di uno stato tedesco, limitato ovviamente al territorio delle loro zone di occupazione, portò nel 1949 alla separazione tra due Germanie con la costituzione della Repubblica federale tedesca con capitale Bonn (13 maggio) e della  Repubblica democratica tedesca con capitale a Berlino Est (7 ottobre). Berlino Ovest fino al 1990 ha costituito un “Land separato” della Repubblica Federale Tedesca (RFT).

Nel 1961, dopo un vertice a Vienna tra Kruscev, segretario generale del PCUS e presidente del consiglio dell’URSS, sostenitore di una politica di “coesistenza pacifica” con l’occidente, e Kennedy, presidente degli Stati Uniti (3-4 aprile) per discutere sul disarmo e sulla possibilità di superare le tensioni con l’Unione Sovietica aggravate nel 1960 dalla crisi con Cuba, a seguito del fallito tentativo americano di rovesciare il governo castrista, il Governo della Germania Est il 13   agosto decide di chiudere il confine tra i due settori di Berlino. Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, su decisone delle autorità di Belino Est e dell’URSS viene posta fine al libero traffico a Berlino e 80.000 soldati dell’esercito della Germania Orientale iniziano la costruzione di una barriera di 45 km di filo spinato lungo la linea di demarcazione tra la zona sovietica e la zona occidentale con lo scopo di creare un vero e proprio confine con l’altra Germania, fino allora inesistente, per bloccare il crescente flusso di profughi verso l’Ovest giustificato come necessario per la ricostruzione economica della Germania orientale.  Le finestre e le porte degli edifici costruiti sulla linea di frontiera vennero murate e i tetti delimitati con una divisione in filo spinato per ostacolare i tentativi di fuga. Degli ottantuno valichi di frontiera ne rimasero aperti solo quattro. Tra l’agosto 1949 e l’agosto 1961 circa 2 milioni e mezzo di tedeschi dell’Est si erano trasferiti nella zona occidentale, riducendo la popolazione della Germania orientale da 20 a 17 milioni aggravando la carenza di manodopera togliendo al paese le forze più vive e qualificate della società: dirigenti, tecnici, operai qualificati, medici, ecc. Nei mesi e negli anni successivi la barriera venne gradualmente sostituita con un vero e proprio muro. Conseguentemente la parte orientale dell’ex-capitale della Germania rimase sotto il controllo delle forze sovietiche diventando parte integrante della RDT, mentre la parte occidentale della città era diventata  un’isola all’interno del territorio della Germania Est.  Con la costruzione del muro, Berlino viene divisa in due e finisce la libera circolazione tra la parte occidentale e quella orientale della città, stabilita dall’accordo delle quattro potenze nel 1945, con conseguenze gravissime per i suoi abitanti. Prima del muro circa mezzo milione di persone varcavano quotidianamente la linea di demarcazione per andare a far spese nell’altro settore della città o per recarsi al posto di lavoro: 49.000 abitanti di Berlino Est lavoravano a Berlino Ovest e 10.000 quelli di Berlino Ovest che operavano a Berlino Est. Inoltre, circa il 70% delle famiglie residenti a Berlino Ovest aveva legami familiari con persone che vivevano in quella dell’Est. Gli abitanti di Berlino Ovest ottennero il permesso di visitare il settore orientale solo con uno speciale lasciapassare mentre alle persone dell’Est che, per via dell’erezione del muro, erano rimaste isolate dai loro parenti più stretti, venne permesso, dalla fine del 1964, di effettuare una visita una volta l’anno nella RFT o a Berlino Ovest. Nel 1972 venne firmato un accordo tra le due Germanie che, nel quadro della riunificazione delle famiglie, concedeva loro anche la possibilità di partire per l’Occidente. Nonostante le misure di controllo messe in atto, numerosi furono i tentativi di espatrio riportati dalle cronache berlinesi: solo dal 1961 al 1968 circa 27.000 tedeschi dell’Est riuscirono a fuggire in Occidente e circa 70 persone persero la vita nel vano tentativo di oltrepassare il muro.  La costruzione acuì la tensione politica e militare della cosiddetta “guerra fredda”, la contrapposizione politica e militare tra mondo comunista e mondo social democratico occidentale definita “cortina di ferro” nel 1946 da Winston Churchill in un discorso tenuto a Fulton, negli USA. La mancata reazione occidentale alla decisione di costruire un muro divisorio tra le due parti dell’ex capitale tedesca sugellava una situazione di fatto consolidata,  l’accettazione di una Germania divisa e il fallimento dell’azione politica che perseguiva l’obiettivo della sua riunificazione. Causa principale del fallimento era il fatto ormai evidente che agli alleati, e in primo luogo agli Stati Uniti di Kennedy, premeva di più portare avanti la distensione tra i due blocchi che non sostenere la causa della riunificazione tedesca nel modo voluto dal Cancelliere della RFT, Konrad Adenauer (libere elezioni e libera scelta delle alleanze), decisamente respinto da parte comunista. Alla fine degli anni ’80, il progressivo e inesorabile sfaldamento interno dell’URSS, incapace di reagire alle scosse della “rivoluzione” gorbaceviana, che hanno portato nel 1989 al crollo dei regimi comunisti e degli apparati di governo e di partito in Ungheria e in Polonia, si manifestò nella Repubblica democratica tedesca in un esodo di massa, non contrastato dalle truppe sovietiche di stanza nella RDT, verso la Repubblica federale e il mondo occidentale sfruttando la “permeabilità” dei confini ungheresi per raggiungere l’Austria e le Ambasciate della Germania federale di Bucarest e degli altri Paesi dell’Est. Migliaia di tedeschi fuggivano dal regime comunista attratti dall’opulenza dell’altra Germania simboleggiata dalla sfavillante “Kudamm”, l’arteria commerciale berlinese costruita non a caso proprio a ridosso del muro come esempio del benessere occidentale derivato dalle economie di mercato e dalle libertà dei governi democratico-liberali in contrapposizione alle scelte economiche statalizzate e pianificate dalle “democrazie popolari”, a partito unico, dei paesi comunisti. Il 6 ottobre la città di Berlino fu sconvolta da una grande manifestazione popolare che reclamava apertamente, come già avvenuto in altri Paesi del blocco comunista, democrazia e riforme. La sera del 9 novembre 1989, sull’onda delle sollevazioni in atto e contando sul non intervento della Russia, il Governo tedesco aprì al transito tutti i valichi di confine con l’Occidente e una mano ignota aprì a Berlino una breccia nel “muro della vergogna” dalla quale, e da quelle aperte successivamente, migliaia di tedeschi orientali si “affacciarono” su un mondo fino ad allora ad essi proibito e migliaia di persone si spostarono subito in entrambi i sensi. La caduta del Muro “travolse” in poche settimane con un effetto domino i regimi comunisti dell’Europa centrorientale e segnò l’inizio di profonde trasformazioni che interessarono in primo luogo l’Europa orientale e che ebbero ripercussioni anche in occidente con la riunificazione tedesca, nel 1990, che riportò virtualmente la Germania al rango di potenza mondiale, modificando gli equilibri politici ed economici preesistenti sul continente. Con la riunificazione delle due Germanie i resti del muro sono stati definitivamente rimossi: solo una linea bianca ne segna e ricorda l’antico perimetro e il 20 giugno 1991 Berlino veniva  designata capitale della Germania unita. Trent’anni dopo, il 9 novembre 2019, la città ha vissuto una nuova giornata di festa, musica e allegria ma anche di riflessione e di speranza per l’abbattimento di ogni tipo di muro (razziale, religioso, politico) perché, ha sottolineato la cancelliera Angela Merkel, “il crollo del muro di Berlino dimostra che nessun muro che rinchiude gli uomini e li priva della libertà è tanto alto o largo da non poter essere abbattuto”.

Vittorio Esposito


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