Esteri

Biden e lo spauracchio della crisi monetaria

di Adolfo Spezzaferro -

Joe Biden


Si mette male per Joe Biden, alle prese con il forte rischio di non riuscire a risolvere la crisi del default del debito Usa. Un problema interno di dimensioni tali da impattare di certo a livello globale, acuendo la crisi innescata dal conflitto russo-ucraino e dalle sanzioni prima e dall’invio di armi e soldi a Kiev dopo. Gli Stati Uniti stanno compiendo uno sforzo notevole per sostenere Zelensky nella guerra contro Putin. E ora arriva il conto. Il destino dell’amministrazione Biden è pertanto nelle mani dei repubblicani: senza il loro voto non ci sarebbe un innalzamento del tetto del debito per evitare il default, previsto più o meno per il 1° giugno.
Un default degli Stati Uniti “minaccerebbe i guadagni per i quali abbiamo lavorato così duramente negli ultimi anni per riprenderci dalla pandemia e scatenerebbe una recessione globale che ci riporterebbe molto indietro”. A lanciare l’allarme è il segretario al Tesoro Usa Janet Yellen, nel corso di una conferenza stampa a Niigata, in Giappone, nell’ambito della riunione dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali del G7. Una situazione che, ha aggiunto, “rischierebbe anche di minare la leadership economica globale degli Stati Uniti e sollevare interrogativi sulla capacità di difendere i nostri interessi di sicurezza nazionale”. Parole che sembrano rivolte ai repubblicani, per invitarli alla responsabilità.
Al di là delle schermaglie politiche che vedono contrapporsi un Congresso a maggioranza repubblicana a una presidenza Biden targata partito democratico e che ruotano intorno alla delicata questione dell’innalzamento del tetto del debito federale, è chiaro che è in gioco anche la ricandidatura dell’anziano dem, contrapposta ancora una volta a quella di Donald Trump. Spingere i negoziati sul debito Usa al limite è già pericoloso di suo per l’economia, sia degli Stati Uniti, sia mondiale, avverte la Yellen, rivolgendosi indirettamente all’ex presidente Trump, fautore di una strategia “sul filo del rasoio”. Dem e repubblicani al Congresso non sono attualmente in grado di accordarsi sull’innalzamento del tetto del debito pubblico e uno stallo prolungato potrebbe portare a un default degli Stati Uniti quest’estate, scenario che non si è mai verificato finora, perché il tetto è stato di volta in volta spostato.
Sulla stessa linea l’avvertimento lanciato dal Fondo monetario internazionale. Un default degli Stati Uniti avrebbe conseguenze molto gravi non solo per il Paese stesso, ma anche per l’economia globale. L’allarme del Fmi suona strano perché incarna plasticamente la politica dei due pesi e due misure (in favore degli Usa). Infatti, a tutti gli altri Paesi – Italia in testa – il Fondo chiede sempre di non spendere più di quello che possono permettersi. Agli Usa, che nell’ultimo anno solo per sostenere l’Ucraina hanno speso quasi 50 miliardi di dollari in armi e soldi, invece gli si dice di fare più debito. Per il bene globale.
Dal canto suo, Trump sfrutta la situazione per battere cassa. “Sto parlando ai repubblicani che sono là fuori, uomini del Congresso, senatori. Se non accettano tagli massicci (alle spese), quello che si dovrà fare è un default. E’ meglio rispetto a quello che stiamo facendo ora, perché stiamo spendendo soldi come marinai ubriachi”, è la bordata lanciata nel corso del programma Town Hall sulla Cnn. Trump chiarisce che “nessuno ha bisogno” di un default ma “è meglio di quello che sta accadendo ora”. Insomma, o l’amministrazione Biden cambia registro o si assuma la responsabilità di mandare a gambe all’aria il debito pubblico.
Nel dettaglio, gli Usa hanno tecnicamente raggiunto il limite di debito di 31,4 mila miliardi di dollari a gennaio, costringendo il Dipartimento del Tesoro a impiegare misure straordinarie per consentire al governo di continuare a pagare i suoi conti, compresi i pagamenti agli obbligazionisti che possiedono debito pubblico. A tal proposito, un secondo ordine di problemi, una volta innalzato il tetto, sarà quello di vendere i nuovi titoli. Anche perché con la de-dollarizzazione in atto non è così scontato.
Intanto Biden oggi incontrerà alla Casa Bianca il presidente repubblicano della Camera Kevin McCarthy, il leader repubblicano della minoranza del Senato Mitch McConnell e i leader dem, dando il via a settimane di intensi negoziati prima che gli Usa finiscano i soldi necessari a pagare i propri conti. Biden insiste sul fatto che l’aumento del limite del debito non è negoziabile e sta esortando i repubblicani a farlo senza vincoli. “La cosa più importante che dobbiamo fare a questo proposito è assicurarci che la minaccia da parte del presidente della Camera di default sul debito nazionale sia fuori discussione”, è la posizione del Presidente. “Per oltre 200 anni, l’America non ha mai, mai, mai mancato di pagare il suo debito”.
Il tetto del debito, creato nel 1917 per finanziare più facilmente la Prima guerra Mondiale, si è trasformato in un campo di scontro politico negli ultimi 25 anni. Nel 1995 e nel 1996 la battaglia sul debito causò due shutdown del governo, ossia il blocco delle attività amministrative Usa. Nel 2011, con Barack Obama presidente, lo scontro politico si tradusse nel primo downgrade del rating americano.

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