Esteri

Biden in Asia: per arginare la Cina, serve l’unità tra Giappone e Corea del Sud

Il presidente degli Stati Uniti sarà domani a Seul, mentre domenica si sposterà a Tokyo. Tra i due principali alleati americani nell’area esistono però rancori storici, che Washington vuole lenire

di Federico Cenci -


Primo viaggio di Joe Biden in Asia da presidente degli Stati Uniti. L’esponente Dem arriverà domani a Seul, in Corea del Sud, e domenica si sposterà a Tokyo, in Giappone. “Con la visita in Asia Biden vuole mostrare come può essere il mondo se le democrazie prevalgono e sono unite”, ha affermato il consigliere per la sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan. Il quale ha aggiunto: “È un messaggio, è forte e sarà ascoltato ovunque, anche a Pechino”.

Sullivan ha tenuto a precisare che le parole di Biden sono dirette alla Cina. Ed è così. L’ascesa di Pechino e l’allarme sul possibile lancio di test missilistici da parte della Corea del Nord durante la visita di Biden a Seul sono segnali che scuotono la Casa Bianca. Ma le sue parole non sono dirette solo alla Cina. Proprio nell’ottica di creare un contrappeso in Estremo Oriente al potere del Celeste Impero, il presidente degli Stati Uniti deve assicurarsi che i suoi alleati in quell’area geografica siano uniti tra loro. Il riferimento è alle due nazioni in cui si recherà: Corea del Sud e Giappone, le quali insieme ospitano circa 80 mila soldati americani. L’obiettivo, tuttavia, non è affatto scontato, perciò è necessario un meticoloso lavoro diplomatico da parte di Washington.

L’ostilità a bassa frequenza tra Seul e Tokyo affonda le radici nella storia, precisamente al periodo di colonizzazione giapponese della Corea del Sud, dal 1910 al 1945. Tra le due nazioni, poi, esiste una disputa sulla sovranità di un gruppo di isolotti nel Mar di Giappone, che Seul definisce Mare dell’Est. Non si tratta solo di acredini storiche, ma di problemi vivi. Basti pensare che nel novembre scorso è saltata una conferenza stampa congiunta tra delegazioni nippo-sudcoreane perché il viceministro degli Esteri giapponese si è opposto alla presenza sugli isolotti di un capo della polizia della Corea del Sud. Evans Revere, ex diplomatico statunitense che ha lavorato per alcuni periodi sia in Corea del Sud sia in Giappone, ha dichiarato alla Cnn: “Se Tokyo e Seoul non dialogano attivamente, se non collaborano tra loro, è molto difficile per gli Stati Uniti adempiere non solo ai propri obblighi nei loro confronti, ma anche alla loro strategia di trattare con la Cina, occupandosi della Corea del Nord”. Il diplomatico americano, tuttavia, vede segnali di disgelo: sia il presidente della Corea del Sud Yoon Suk Yeol sia il primo ministro giapponese Fumio Kishida si sono insediati da non molto tempo e fin da subito hanno mostrato medesime posizioni intransigenti nei confronti di Cina e Corea del Nord nonché la volontà di rafforzare i legami con gli Stati Uniti. Particolarmente interessante che Yoon abbia annunciato di prendere in considerazione di far entrare Seul nel Quad, il gruppo di sicurezza guidato dagli Stati Uniti che comprende Giappone, India e Australia. Yoon ha inoltre teso una mano a Tokyo quando, il mese scorso, ha invitato una delegazione giapponese alla sua cerimonia d’insediamento. Dal canto suo Kishida ha affermato che la cooperazione strategica tra Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud è necessaria “più che mai”, dato che “l’ordine internazionale basato sulle regole è minacciato”.

Dunque nella tre giorni in Asia Biden inizierà con fiducia un lavoro di riavvicinamento tra Seul e Tokyo, per poi cedere il testimone al segretario della Difesa degli Stati Uniti, Loyd Austin, che il mese prossimo incontrerà i suoi omologhi di Giappone e Corea del Sud, Nobuo Kishi e Lee Jong-sup. Lo riferisce il quotidiano nipponico Nikkei, secondo il quale il vertice si terrà a Singapore. Anche questa notizia conferma l’impegno degli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico, testimoniato già la scorsa settimana dall’incontro di Biden con i leader dell’Asean (l’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico). Quanto a lavorio diplomatico, essenziale per modellare gli assetti geopolitici futuri, la Cina non è da meno: il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, presiede oggi la riunione ministeriale dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). I partecipanti all’incontro avranno modo di tenere colloqui anche con i ministri degli Esteri dei mercati emergenti nell’ambito del formato Brics+. Nel 2018, ricorda l’AgenziaNova, il prodotto interno lordo nominale combinato dei Paesi Brics ha raggiunto quota 19.600 miliardi di dollari, pari al 23,2 per cento del Pil globale.


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