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BIG TECH FLOP

di Giovanni Vasso -


Amazon mani di forbice. Il Ceo Andy Jassy ha licenziato, con una nota, altri 9mila dipendenti del colosso di proprietà del magnate Jeff Bezos. I tagli si abbattono sulle divisioni cloud computing di Amazon, sulla pubblicità e, forse per la prima volta, coinvolgono il gioiellino di casa: Twitch. Ci saranno licenziamenti, e saranno tanti, nel personale addetto al servizio live streaming della piattaforma costata 970 milioni di dollari cash. Col solito tono patetico, inzuccherato di belle parole, Andy Jassy ha confermato che Amazon continuerà a licenziare. Se a gennaio il piano di dismissioni avrebbe interessato 18mila persone, oggi saranno messi alla porta altri 9mila dipendenti. In tutto, diranno addio al loro posto di lavoro ben 27mila impiegati. “E’ stata una decisione dura ma crediamo che sia la migliore, a medio lungo termine, Non è mai facile dire addio ai propri compagni di squadra, ci mancherete”, scrive Jassy. Ma nessuno gli crede fino in fondo. È una precisa scelta strategica dell’azienda e lo stesso Ceo la rivendica: “Per diversi anni abbiamo assunto personale. Ciò aveva senso rispetto a quanto accadeva nell’economia e ai risultati delle nostre imprese. Ma ora, date le incertezze dell’economia in cui viviamo, abbiamo scelto di essere più snelli. Nei costi e nell’organico”. Insomma, secondo la lettura di Jassy, Amazon si sta ridimensionando rispetto alla crescita mostruosa che si era registrata negli anni passati. Quelli, per capirsi, caratterizzati da lockdown e limitazioni che avevano fatto impennare gli affari delle major del web convincendo tutti, specialmente nella Silicon Valley, che quel boom fosse infinito, le potenzialità ancora più grandi e, soprattutto, che dalla digitalizzazione non si sarebbe tornati indietro. Cosa che non è accaduta, evidentemente.

Amazon piange, le altre “sette sorelle” del digitale di sicuro non hanno niente da ridere. Facebook continua a licenziare, lo fa Zuckerberg in persona mentre si ritrae in video con sua figlia. Google, dopo aver bruciato 12mila impiegati, ha detto definitivamente addio al progetto dei Google Glass. Un buco pari, se non nelle cifre nell’impatto, a quello del Metaverso di Menlo Park. A Mountain View devono fare i conti con la protesta dei lavoratori. Che da Zurigo, già falcidiata dal caso Credit Suisse, alzano la voce contro i tagli indiscriminati decisi in Svizzera dalla multinazionale. Qui, rischiano il posto in 500.

Elon Musk, con Twitter non se la passa granché meglio. Ma lui riesce a nascondere le necessità dei tagli dietro il paravento di una personalità strabordante che caccia via chiunque “non la pensi come lui”, come gli rimproverano gli avversari. Con Tesla, Musk ora punta al Messico dopo aver ridimensionato i piani in Europa. Si calcola che, dall’inizio della crisi, siano state licenziate in tutto circa 310mila persone. Un vero e proprio esercito. A complicare il quadro è stato il crollo della Silicon Valley Bank. Che non è solo un danno d’immagine per il mito dell’economia digitale americana. In realtà, rappresenta soltanto l’ultimo di una serie di crac legati, direttamente o indirettamente, a un altro buco nell’acqua dell’economia digitale: le cryptovalute.

Insomma, l’economia digitale non se la passa granché bene. Jeff Bezos passa dalla gita in astronave alla necessità di dover tagliare e tagliare il personale della sua creatura. La bolla pare scoppiata ma ritenere finito l’oligopolio digitale e, più in generale, il mercato del web sarebbe un errore ancora più imperdonabile di quello fatto della major che hanno scambiato la contingenza pandemica per il futuro.

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