La Lega e il vicepremier esultano per il freno alle "follie green" ma la partita delle infrazioni Ue rimane aperta
Con una decisione tutta politica che corona in tal modo, con una azione concreta, la denuncia continua di parte italiana del Green Deal europeo, la maggioranza di centrodestra ha approvato un emendamento della Lega che modifica il decreto Infrastrutture e in tal modo fa slittare di un anno il blocco alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5 nelle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Diesel Euro5, il blocco
La misura non sarà più automatica per tutti i comuni con oltre 30mila abitanti, ma si applicherà solo a quelli con più di 100mila abitanti. Inoltre, dopo il 2026, le Regioni potranno evitare di introdurre il blocco per i diesel Euro 5 a uso commerciale se adotteranno misure alternative efficaci per ridurre le emissioni.
Esultano per il rinvio, definendo la misura “di buon senso” e una risposta alle “follie green” imposte dall’Europa, la Lega e il vicepremier Matteo Salvini che sottolinea il valore dell’iniziativa che offre respiro a milioni di automobilisti e imprese del Nord. Le opposizioni hanno invece protestato duramente, accusando il governo di non tutelare la salute pubblica e l’ambiente, alcuni parlamentari hanno abbandonato i lavori delle commissioni in segno di dissenso. Assumono un ruolo maggiore le Regioni, che potranno decidere se applicare il blocco o sostituirlo con altre misure ambientali, come l’efficientamento energetico degli edifici o l’incremento del verde pubblico.
Il blocco del 2023 per intervenire sulla qualità dell’aria
Il blocco era stato originariamente introdotto, approvato dallo stesso governo Meloni nel 2023, anche per rispondere alle procedure di infrazione aperte dall’Unione Europea contro l’Italia per il mancato rispetto dei limiti di qualità dell’aria, soprattutto per il superamento dei valori di PM10, NO2 e PM2,5 nella Pianura Padana e in altre aree urbane. L’Ue ha già avviato nuove procedure di infrazione nel 2024, sottolineando che l’Italia non ha rispettato le sentenze della Corte di Giustizia europea e che molte zone superano ancora i limiti di legge.
Ancora aperta la partita delle infrazioni Ue
Nel marzo 2024 è stata avviata una nuova procedura d’infrazione contro l’Italia, denunciando l’inosservanza della sentenza della Corte di giustizia Ue del 2020. L’Italia ha avuto due mesi per rispondere e colmare le carenze, ma la risposta non è stata ritenuta soddisfacente. Nel marzo scorso, il totale delle procedure di infrazione aperte contro l’Italia è salito a 65, di cui 50 per violazione del diritto Ue e 15 per mancato recepimento di direttive: alcune di queste procedure riguardano anche la qualità dell’aria.
Una partita, quindi, che rimane aperta ma che però il centrodestra ha voluto cogliere appieno per marcare significativamente uno dei nodi più simbolici di quelle “follie green” di Bruxelles cui la maggioranza imputa l’assenza di una visione più aperta alle esigenze delle imprese. Ma è scontato che, se il rinvio del blocco non sarà compensato da misure efficaci e verificabili per ridurre l’inquinamento, la Commissione Europea potrà tornare ad aggravare le procedure di infrazione e arrivare a nuove sanzioni finanziarie contro l’Italia. Perciò, da Forza Italia, i segnali di un approccio che riesca ad intervenire efficacemente sulle fonti di inquinamento.