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Bollette, benzina, Rdc Il respiro corto della politica senza visione

di Adolfo Spezzaferro -

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Se il governo dovesse affidarsi al sentiment che si registra sui social per indirizzare le sue politiche economiche, come prima cosa noterebbe che a pesare più di tutto sono le parole chiave del programma elettorale della maggioranza disattese una volta alla guida del Paese. Una su tutte, accise. Il carobenzina imperversa e tanti, tantissimi utenti della rete sono inviperiti contro chi predicava bene e ora razzola malissimo. Imputando gli aumenti alla pompa proprio all’esecutivo Meloni, “reo” di non aver confermato i tagli alle accise.
Chi è contrario all’invio delle armi in Ucraina – altro esempio – punta il dito contro un governo che trova i soldi per Difesa e armamenti e poi vuole rivedere le regole di accesso al reddito di cittadinanza. Per stimolare il mercato del lavoro, dice. Per risparmiare, dicono i sostenitori del Rdc. Ecco, questi due esempi danno il polso del preoccupante stato della nostra Repubblica parlamentare (e dei sistemi democratici occidentali in genere). Ovvio che non bisogna mischiare i soldi per la Difesa con quelli per aiutare i più bisognosi: uno stato sano deve avere risorse per entrambe le (fondamentali) necessità.
E’ populismo sindacare sul fatto che i soldi ci sono per la guerra ma non ci sono per il pane, è vero. Ma è altrettanto verto che se questo malcontento serpeggia è perché i cittadini non si sentono abbastanza tutelati da un sistema che da tanto, troppo tempo ormai si basa su provvedimenti tampone per arginare un minimo gli effetti devastanti di una continua emergenza. La doppietta letale Covid-guerra, con prima i lockdown e le chiusure e ora le sanzioni contro la Russia e il caroenergia, ha inferto un colpo terribile al nostro sistema economico. Le Pmi che non hanno chiuso non producono abbastanza perché non c’è abbastanza richiesta. Interi comparti dell’economia nazionale sono precipitati in una crisi irreversibile, tanto che gli interventi del governo ormai appaiono come una terapia del dolore per malati terminali. Altro esempio, i saldi invernali che non rilanciano il commercio. Perché i cittadini hanno usato le tredicesime per bollette, esami e visite mediche.
Le opposizioni poi accusano l’esecutivo di aver fatto un pasticcio con la legge di Bilancio e di non aver centrato gli obiettivi sui temi caldi come il fisco, il lavoro, la sanità. Ma tutti sappiamo, opposizioni comprese, che la manovra risponde ai dettami di Bruxelles. Né più né meno. Mentre vi scriviamo d’altronde c’è un signore, Jens Stoltenberg, segretario della Nato, che ha appena detto ai Paesi dell’alleanza militare di aumentare la produzione perché le scorte di armamenti si sono esaurite per aiutare Zelensky contri i russi. La Nato decide per la Ue, dunque.
Figuriamoci se in un quadro globale simile un singolo governo nazionale possa permettersi di mettersi di traverso e dire “no” a Stoltenberg (ossia agli Usa). Per non parlare del fatto che l’Italia conta sui miliardi (in gran parte erogati come salatissimi prestiti) del Pnrr e che quindi deve rigare dritto agli occhi di Bruxelles.
Il nodo però è un altro: questo sistema, questa catena di responsabilità condiziona sì alcune scelte di politica economica, ma in generale manca di una visione. A colpi di provvedimenti emergenziali per limitare i danni in una situazione di emergenza continua – la nuova normalità, si direbbe – non si può pianificare nulla. Non si può uscire dall’emergenza. E se gli aiuti e gli sgravi vanno incontro alle esigenze di alcuni settori della società, altri restano indietro inevitabilmente. In tal modo si alimenta il malcontento e si ampliano le diseguaglianze, perché – è ovvio – non si può accontentare tutti. L’impasse è più un cane che si morde la coda, dunque. Ma non era: “A ognuno secondo i suoi bisogni, a ognuno secondo i suoi meriti”?.

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