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Bombe e derivati. Quell’Occidente che rischia il tramonto

di Redazione -

Fabio Massimo Parenti


di FABIO MASSIMO PARENTI

 

Le “chiacchiere” più recenti sulla guerra in Ucraina sono tutte incentrate su nomi e acronimi di armamenti: ogni santo giorno si pubblicano articoli su Himars, Javelin, Leopard, F16, missili, razzi, carri, aerei, sistemi di difesa ecc. Ciò fa tornare alla mente le “chiacchiere” mediatiche ai tempi della crisi 2007-2008, in cui proliferavano gli acronimi dei mille derivati: MBS, ABC, CDS, CDO ecc. Nell’uno come nell’altro caso, una coltre di tecnicismo veniva e viene messa in circolazione col fine ultimo, sembrerebbe, di non far capire alcunché ai lettori, sull’origine dei fenomeni e sui processi che determinano gli eventi. Ma c’è di più. Questo chiacchiericcio mediatico è utile invero a nascondere le responsabilità, a deresponsabilizzare gli esecutori di tutti gli errori, compiuti nel corso dei decenni, che ci hanno portato fin qui.

Slogan vuoti e censura

All’epoca della grande crisi finanziaria, i media raccontavano gli eventi con la poetica della complessità finanziaria, gettando fumo tecnicistico sulla reale comprensione del contesto, del processo e delle cause reali. Anche oggi, in questa fase di grande incertezza geopolitico-economica, in Europa ed Asia Pacifico, il discorso pubblico e le scelte politiche sembrano totalmente irrazionali e miopi. A prescindere dalle differenze esistenti tra le fasi comparate, ciò che ci interessa evidenziare è la logica politica sottostante il funzionamento dei grandi media: liquidando da subito la contestualizzazione dei processi- storico-geografici, ovverosia quelli che hanno portato a “stringere” ulteriormente il nodo storico rappresentato dallo spazio ucraino, la tanto ridondante quanto inaccurata e onnipresente formula (o meglio “empty slogan”) “dell’aggredito e dell’aggressore” ha sancito la banalizzazione del presente, impedendo di fatto qualsiasi dibattito realmente costruttivo per lavorare alacremente su compromessi e negoziati.

La costruzione del mostro

I media veicolano continuamente paure e minacce provenienti dall’esterno del nostro “giardino”, prestandosi alla vecchia tecnica di costante fabbricazione del pericolo esterno – rappresentato da mostri da sconfiggere o contenere. E chi sarebbero questi mostri? Paesi, interi paesi, stati-civiltà, trattati alla stregua di popoli inferiori, che coincidono guarda caso proprio con quei paesi che stanno legittimamente riorganizzando consensualmente l’economia e la politica mondiale secondo canali e modalità relazionali di tipo cooperativo (si pensi all’allargamento della SCO e dei BRICS). E sono proprio quei paesi che, ieri come oggi, cercano una via di uscita dall’età del dominio di un solo paese. Ecco allora media e politica, a braccetto con alcuni potentati economici, impegnati ad ostacolare ogni narrazione differente, che possa svelare falsità e manipolazioni e rivelare nel contempo realtà opposte allo storytelling usa-europeo. Con le parole di Sachs: “L’implacabile narrazione occidentale secondo cui l’Occidente è nobile, mentre la Russia e la Cina sono malvagie, è ingenua e straordinariamente pericolosa. È un tentativo di manipolare l’opinione pubblica, invece di fare i conti con una diplomazia molto reale e pressante”.

La minaccia interna

Sembra surreale, ma non lo è, il modo superficiale, banalizzante e fazioso in cui i grandi media continuano a “narrare” la guerra russo-ucraina, che, come noto, è una guerra voluta e perseguita da alcuni strateghi Usa ormai da molti anni, nella teoria come nella prassi. Si tratta di una guerra globale rivolta contro la Russia, oggi, ma proiettata contestualmente verso la Cina, l’Iran e tutti coloro che osano non seguire più l’agenda unipolarista ed imperialista degli Usa. Ciò è stato più volte analizzato e spiegato da autorevolissimi studiosi e politici statunitensi prima di altri. E non tutti costoro hanno appoggiato tali disegni strategici. Sicuramente personalità come Brzezinski, Kaplan, Nuland ne sono stati strenui sostenitori: hanno teorizzato, consigliato ed operato a favore dell’assorbimento dell’Ucraina nello spazio atlantista in funzione antirussa. Uno degli ultimi atti più eclatanti riguarda il sabotaggio – annunciato, realizzato e celebrato – dei gasdotti baltici. Altre autorevoli personalità, tuttavia, come George Kennan, hanno rilevato chiaramente i rischi e i pericoli esiziali di alcune manovre di accerchiamento in Eurasia, in particolare nello spazio ucraino.
In questo proliferare mediatico-politico di elogi bellici faziosi, di scenari di nuovi olocausti o Armageddon nucleare (cit. Biden) emergono chiaramente i macro-interessi economico-politici dell’apparato industriale militare e di intelligence americano, desideroso di destrutturare i processi di integrazione euroasiatica, con al centro Russia, Iran e Cina. Non deve sorprendere, pertanto, che Washington non si muova per un cessate il fuoco e una trattativa in Ucraina (sorprendente è invece la servile viltà europea), bensì per collegare questo scenario di guerra vasta – da alimentare a discapito di tutta l’Europa e dell’economia mondiale – a quello cinese. Siamo nella fase della promozione della guerra con tutti i mezzi mediatici e politici possibili, finanche sostenendo il più spregevole nazionalismo etnico. Ed è qui che emerge la faccia del più grande spacciatore di armi al mondo, l’apparato Usa, anche in questa fase di crisi.

Siamo chiamati a rifiutare l’idea dell’inevitabilità della guerra ed a riconoscere che la vera minaccia alla stabilità mondiale e alla coesistenza tra i popoli proviene proprio dall’interno dei nostri sistemi.

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