Politica

“Bonaccini può vincere le primarie, ma alle elezioni serve un patto con i 5 Stelle”

di Edoardo Sirignano -

GOFFREDO BETTINI POLITICO


 

“Mi preoccupa l’idea di qualche sostenitore di Bonaccini di considerare l’esperienza del Conte II come una parentesi negativa e i due anni della segreteria di Zingaretti come una anomalia. Quando abbiamo rinsaldato un rapporto con i 5 Stelle siamo cresciuti e loro hanno faticato”. A dirlo Goffredo Bettini, lo stratega del Pd, parlando del suo ultimo libro “A sinistra. Da capo”.
Nel Lazio Conte scioglie le riserve. Candiderà Donatella Bianchi. Perché non si è trovato l’accordo? La causa è solo il tanto discusso inceneritore?
La separazione nel Lazio tra il Pd e il M5S è davvero incomprensibile. Avviene dove si è governato insieme e bene. Sul tema dell’inceneritore si potevano cercare e trovare altre vie, rispetto a una contrapposizione ideologica e distruttiva. Si sarebbero, poi, potuti consultare i cittadini. Conte non ha aperto un dialogo, ha detto in una solenne conferenza stampa: o mangiate la mia minestra, o ognuno per la sua strada. Non so dare un giudizio su Donatella Bianchi, che francamente conosco poco. Confido, invece, su un voto ampio, trasversale, civico attorno a Alessio d’Amato, che si è dimostrato sul campo una persona di notevole valore.
Senza Letta e riconoscendo la leadership al capo dei 5 Stelle, l’intesa si sarebbe trovata?
Questo clima di aspra competizione tra la sinistra e il M5S ha origine in due errori commessi nei giorni finali del governo Draghi. Conte ha sbagliato, nei modi e nei tempi, a far cadere il premier. Letta ha sbagliato a dichiarare concluso il rapporto con Conte, immediatamente dopo. In tutti i collegi uninominali, un suicidio annunciato. Da allora, il Movimento ha deciso di intraprendere una corsa solitaria, che può avvantaggiarlo nell’immediato, ma che non ha futuro.
Qualche giorno fa ha dichiarato che D’Alema non è come Renzi. In questo momento così difficile chi può essere il timoniere della sinistra?
Il timoniere della sinistra lo deciderà il congresso costituente che si sta svolgendo. Se, tuttavia, non si accompagna la scelta di un nome con uno sforzo titanico per capire il motivo della nostra sconfitta e le possibilità di un riscatto futuro, le singole persone potranno fare ben poco. Ecco perché, piuttosto che indicare un mio candidato, ho preferito offrire alcune idee su cui discutere. Sono contenute nel libro “A sinistra. Da capo”, che sta ottenendo un’attenzione che in queste dimensioni non mi sarei mai aspettato. A proposito di D’Alema e di Renzi, ho solo detto che attività retribuite da Paesi stranieri, pur essendo consentite dalla legge, se sono svolte da un Senatore in carica e capo di partito hanno un rilievo più grande rispetto a chi da anni ha lasciato ogni funzione pubblica. Ho visto che Renzi ha risposto con sgarbo e sul piano personale.
Se vince Bonaccini il Pd tornerà nelle mani dei renziani. Teme un secondo tempo dem per l’ex presidente del Consiglio oppure oggi sarebbe una scossa per un universo in crisi?
Bonaccini è un dirigente che viene dalla mia stessa tradizione. Lo rispetto. Non so se con lui tornerebbe forte l’influenza renziana. Anche se molti che lo appoggiano hanno ancora nel cuore quella fase. Mi preoccupa, piuttosto, l’idea (che da alcune dichiarazioni emerge) di considerare l’esperienza del Conte II come una parentesi negativa e da dimenticare e i due anni della segreteria di Zingaretti come una parentesi anomala nel percorso del Pd. Dopo Renzi, con Zingaretti il Pd uscì dall’isolamento, governò, vinse le elezioni amministrative e regionali, diede una prospettiva futura al campo progressista. Renzi minò tutto questo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Altro che subalternità! Quando abbiamo rinsaldato un rapporto con il M5S siamo cresciuti e loro hanno faticato. Oggi che siamo soli, loro ne hanno tratto vantaggio e noi stiamo crollando nei sondaggi.
La scelta di candidare Cuperlo potrebbe rappresentare l’ennesimo autogol per la sinistra del partito, considerando che toglie voti soprattutto a Schlein. I romani dicevano divide et impera…
La candidatura di Cuperlo può togliere qualche marginale consenso a Elly Schlein nella fase interna, dove votano gli iscritti. Nello stesso tempo, può portare un contributo di analisi e di idee davvero prezioso. Una corsa a due mi parrebbe sbagliata. Nessuno rappresenta per intero il patrimonio di storie e di sensibilità che ancora circolano tra i democratici.
Non teme che qualche esponente della sinistra dem si senta a disagio a dover condividere la strategia con Franceschini?
Questa storia di Franceschini mi pare davvero ingiusta. Si possono condividere o meno il suo pensiero e percorso. Ma come dirigente l’ho conosciuto meglio in questi ultimi tre anni. È stato fondamentale nel tenere in piedi la nostra esperienza di governo. Puntuale, fermo e capace di fare sintesi. Ottimo ministro della cultura. C’è, poi, un punto dirimente: Franceschini ha detto che la sua generazione ha concluso la fase della gestione diretta del partito e del potere. Mi pare che nella sua scelta di appoggiare Elly Schlein ci siano considerazioni interamente politiche. Di realismo e di speranza.
Bonaccini ha già vinto?
Parte sicuramente da una posizione di forza e molti gruppi dirigenti si sono schierati con lui. Ho amicizia per Orfini. Detto ciò, sostenere che gli apparati del partito stiano con Elly Schlein mi pare bizzarro. Semmai Bonaccini vincerà largamente nel confronto interno al Pd, avrà maggiori difficoltà quando saranno chiamati i cittadini ad esprimersi direttamente.
Perché il Pd è arrivato al risultato più basso di sempre e soprattutto dove è la sinistra di quando Bettini faceva i comizi in piedi a una sedia?
Il Pd dall’89 ha prevalentemente mirato a svolgere una funzione di governo. Di governismo, però, si può morire. Abbiamo salvato l’Italia, la sua economia e la sua democrazia. Solo dalla dimensione del governo si stenta ad attraversare il dolore e la speranza della vita quotidiana delle persone. Per quanto mi riguarda, sono anni che non ho ruoli istituzionali o di partito. Questo non mi può impaurire. Vengo dalla gavetta, mi sono iscritto al Partito comunista italiano quando avevo 14 anni, sono cresciuto in mezzo al popolo.
Perché non si riesce a uscire dai palazzi e tornare a essere il partito della strada?
Perché una volta che il popolo ti avverte lontano è difficile recuperarlo. Se continueremo a essere prevalentemente il partito dei ceti “benestanti”, inevitabilmente ne acquisiremo la visione del mondo. A quel punto ancora di più gli operai, i lavoratori, i ceti medi in difficoltà andranno a destra, in piccola parte al Movimento, la stragrande maggioranza verso l’astensionismo.
Cosa ne pensa del governo Meloni? Qualcuno dice che la destra ha fatto suoi valori che prima non le appartenevano…
Il governo è profondamente diviso, lo si è visto anche nell’approvazione della finanziaria, così modesta, iniqua e in alcuni casi provocatoria. Nel Paese per noi si possono aprire grandi spazi. Se da una parte la Meloni cerca di accreditarsi nei salotti buoni della borghesia italiana ed europea, alla fine torna sempre un riflesso condizionato: la voglia di rivalsa rispetto a decenni di democrazia che li aveva tenuti ai margini. Allora accade come nel bellissimo film di Kubrick “Il dottor Stranamore”, quando a Peter Seller ogni tanto scappa la mano e fa il saluto fascista…
L’opposizione non è tra le più compatte. Come ritrovare l’unità perduta prima delle europee del 2024? Di questo passo i conservatori rischiano di vincere per altri venti anni…
Francamente nei prossimi mesi vedo difficile una stabile unità tra le forze di opposizione. Speriamo, almeno, in un maggiore coordinamento nell’iniziativa parlamentare. Fino alle europee ognuno vorrà contarsi, valutare le proprie forze, acquisire un posizionamento preminente. Dopo, forse, ritornerà il buonsenso.

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