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Cronaca

Braccialetto spento, l’ex libero di uccidere Jessica è massacrata

di Ivano Tolettini -


Perché non era in carcere? Perché, con quella lunga scia di violenze, denunce e ammonimenti, Reis Pedroso Douglas era ancora libero di muoversi? E soprattutto: perché il braccialetto elettronico non ha funzionato e non è scattato l’allarme una volta tolto? Sono le domande che oggi scuotono Verona, a pochi giorni dalla strage di Castel d’Azzano in cui hanno perso la vita tre carabinieri, dopo l’ennesimo femminicidio che si sarebbe potuto, forse dovuto, evitare. Jessica Stapazzolo Custodio de Lima, 33 anni, brasiliana, è stata trovata morta nell’appartamento di via Silvio Pellico 13, a Castelnuovo del Garda. È stata uccisa con “un numero imprecisato ma comunque smisurato di coltellate”, come scrive la Procura di Verona nel comunicato diffuso ieri a firma del Pm Raffaele Tito.

La dinamica del femminicidio

Il suo compagno, Reis Pedroso Douglas, 41 anni, connazionale, l’ha assassinata al termine di un litigio violentissimo, più di un giorno prima del ritrovamento. Poi ha vagato per ore, fino a chiamare i carabinieri nella notte, dicendo di volerla fare finita. Quando i militari sono entrati in casa, la scena era quella di un massacro. Mobili rovesciati, sangue ovunque, segni di colluttazione. Jessica era riversa a terra, colpita al torace e all’addome. I carabinieri della scientifica e il medico legale hanno avviato i rilievi. Il coltello è stato trovato nella macchina dell’assassino, ma del braccialetto elettronico che avrebbe dovuto segnalare ogni suo avvicinamento non c’è più traccia. Un vuoto tecnico, forse anche istituzionale, che la Procura ora dovrà chiarire. Il comunicato della Procura spiega che “la vittima è stata colpita con numerosi fendenti verosimilmente nel corso di un litigio avvenuto nella tarda serata di domenica. L’indagato è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto nella notte tra lunedì e martedì, dopo essersi autodenunciato ai carabinieri. Il decesso risalirebbe ad almeno 24 ore prima del ritrovamento”. La Procura sottolinea che “l’uomo era già sottoposto a misura cautelare per maltrattamenti nei confronti della vittima, con divieto di avvicinamento e divieto di dimora nei luoghi frequentati dalla stessa. È in corso l’analisi del dispositivo elettronico che era stato applicato al soggetto, per verificare eventuali malfunzionamenti o omissioni nel controllo”. Un passaggio che pesa come un macigno: se quel braccialetto avesse funzionato, Jessica sarebbe viva.

I precedenti di un carnefice

Il profilo dell’assassino racconta una storia di violenze annunciate. Reis Pedroso era già stato arrestato il 21 aprile scorso dopo un’aggressione brutale: aveva trascinato Jessica per i capelli sull’asfalto, colpendola al volto con pugni e una chiave di ferro. Il giudice aveva convalidato l’arresto, disponendo misure cautelari e il questore aveva emesso un ammonimento. Ma le violenze non si erano fermate. Il 17 settembre scorso la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio non solo per i maltrattamenti alla compagna, ma anche per violenza sessuale contro la sorella di lei. Un uomo così, con precedenti per lesioni, abuso di alcol e droga, forse doveva stare in carcere, o almeno ai domiciliari. Invece era libero, e la misura di controllo elettronico, già ritenuta insufficiente in casi analoghi, non ha impedito la tragedia. Jessica, brasiliana come lui, viveva in Italia da alcuni anni. Aveva avuto una figlia da una precedente relazione, ma a causa del clima familiare violento le era stato tolto l’affidamento. Si era trasferita nell’appartamento di Castelnuovo un anno e mezzo fa, cercando una nuova stabilità. Ma la convivenza con Reis Pedroso era un inferno: urla, minacce, paura. Aveva sporto denuncia, poi l’aveva ritirata. Forse per amore, forse per paura, forse per entrambe le cose.

Il sistema non funziona

La Procura ha sequestrato l’abitazione e l’auto, trovando all’interno l’arma del delitto. Ma l’indagine adesso deve andare oltre la dinamica del crimine: deve accertare perché la catena di protezione si è interrotta. Gli ammonimenti, le misure cautelari, i divieti di avvicinamento, il braccialetto elettronico: ancora una volta, non è servito. “Ci chiediamo – spiega un vicino che chiede l’anonimato – come sia stato possibile che un soggetto così pericoloso fosse libero di muoversi senza controllo. Se il dispositivo di sicurezza è stato tolto o disattivato, qualcuno dovrà spiegare perché e quando”. Duro Roberto Toigo, segretario generale della Uil Veneto: “A meno di un mese dalla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la nostra regione si macchia di un nuovo femminicidio. È il 65esimo dall’inizio dell’anno. Non possiamo abituarci a contare le vittime”. Solo pochi giorni fa, a Milano, un’altra donna è stata uccisa a coltellate dall’ex sotto casa. E mentre la Procura generale di Venezia ha impugnato la sentenza del caso Turetta, l’Italia torna a interrogarsi sulla sua incapacità di proteggere chi denuncia. Castelnuovo del Garda si aggiunge all’elenco delle tragedie annunciate. La morte di Jessica de Lima chiede una risposta: quanto ancora dovremo aspettare prima che il sistema tuteli davvero le donne, e non solo sulla carta?


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