Bruxelles è nervosa. L’incertezza è stata tutt’altro che diradata dall’accordo in terra di Scozia. I dazi fanno ancora più paura all’Ue. Economicamente, dal momento che la Bce ha ammesso che le uniche prospettive possibili per il sistema produttivo comunitario non sono certamente lusinghiere e, anzi, parlano del pericolo di un crollo. Politicamente, perché manca (ancora) persino una dichiarazione congiunta. Su cui (ancora e ancora) toccherà a Trump, che già pregusta i “miliardi in arrivo” avere l’ultima parola. Col rischio che la parola data se la rimangi.
Bruxelles è molto nervosa
A Olof Gill, il portavoce a cui è toccato in sorte il diventare il volto triste dell’Ue nella vicenda tariffaria, non rimane altro che provare a gonfiare i muscoli, come i gatti quando si sentono minacciati: “Una volta che avremo una dichiarazione congiunta, la considereremo una piattaforma da cui proseguire il lavoro per individuare nuove aree in cui ridurre i dazi, per individuare altre aree in cui cooperare costruttivamente con gli Stati Uniti. Detto ciò, le contromisure che abbiamo ora sospeso possono essere riattivate in qualsiasi momento e ulteriori contromisure che abbiamo discusso in dettaglio con i nostri Stati membri possono essere prese in considerazione, se e quando necessario”. Le condizioni a cui ambisce la nervosa Bruxelles sono semplici: dazi al 15% su tutto, chip e farmaci compresi. E, già che ci troviamo, magari pure sulle auto.
“Gas e investimenti? Non sono vincolanti”
Inoltre Gill ha tentato di spiegare che gli impegni sulle importazioni di energia dagli Usa e gli investimenti europei in terra d’America “non sono vincolanti”. Roba su cui Trump non transige dal momento che ha minacciato di portare le tariffe al 35% se l’Europa non rispetterà gli impegni. Che, però, Bruxelles evidentemente non considera tali: “Quello che abbiamo trasmesso all’amministrazione Usa è, diciamo, un aggregato sulle intenzioni delle imprese europee sulle spese in energia e sugli investimenti”, ha spiegato Gill.
Bce trema
Intanto, in mattinata, la Bce aveva già avvertito delle potenziali conseguenze del clima che si respira nel mondo sull’economia Ue. E nel quinto Bollettino economico di quest’anno i banchieri di Francoforte avvertono che, oltre ai problemi produttivi e commerciali, l’Europa rischia di ritrovarsi pure di nuovo a dover affrontare la buriana dell’inflazione. Notazione che lascia intuire come la Bce potrebbe iniziare a rivedere la politica monetaria e a deludere le aspettative degli analisti che, a settembre, si attendono un altro taglio dei tassi.