IL CARRELLO DELLA SPESA – Caffè amaro, salirà la produzione per ora aumenta solo il prezzo
Le previsioni dagli Usa per il prossimo raccolto, la stangata sulla tazzina adesso
Caffè amaro: la produzione mondiale può salire ma intanto aumenta pure il prezzo della tazzina. Mai una gioia per gli amanti dell’espresso. Che, da quando s’è imposta all’attenzione del mondo la questione del cambiamento climatico e dei problemi causati alle colture, a cominciare proprio dal caffè, non conoscono più requie. Eppure, stando a quanto pubblica il Dipartimento dell’agricoltura Usa, le previsioni sono buone. In particolare, come si legge nel Report Coffe: World Markets and Trade, la produzione globale di caffè per la “stagione” 2025-26 dovrebbe regalare un raccolto migliore e più ricco. Le quantità, difatti, dovrebbero aumentare del 2,5% rispetto a quest’anno facendo raggiungere al chicco di caffè un livello di produzione da record pari a 178,7 milioni di sacchi (ognuno da 60 chili secondo le unità di misura utilizzate dagli americani nel loro rapporto). Ciò dovrebbe rimpinguare le scorte che, attualmente, sono a livelli minimi e, addirittura, sono inferiori del 36% rispetto alle campagne di raccolto pre-2023. Secondo gli analisti, con un raccolto migliore potrebbero diminuire i prezzi e aumentare le scorte. Dunque sarebbe lecito iniziare ad aspettarsi un calo dei prezzi. Che, per adesso, è davvero lontano. Anzi. Per una tazzina si paga già 1,20 in media in tutta Italia. Anzi, di più: 1,21. Dal 2018, ossia da (ben) prima del Covid (e di tutte le crisi a cominciare da quella energetica che l’hanno seguito) a oggi, secondo le stime Assoutenti, il costo è aumentato già del 18%. La Fipe di Roma, nelle scorse settimane, ha spiegato che se è vero che il prezzo dell’espresso è aumentato, va pur considerato che si parla di un rincaro di sette centesimi. Per l’organizzazione va tenuto ben presente il fatto che gli aumenti sono legati a quelli impressi sulle materie prime. Insomma, prendersela coi bar e i loro gestori è esercizio inutile, sbagliato e drammaticamente fuorviante. Intanto, lo spettro dei due euro a tazzina non è più un fantasma dal momento che, oramai, se ne parla con sempre maggiore insistenza. Il guaio è che, al solito, in estate aumenta tutto. Ci sono i turisti. C’è da approfittare. C’è da alzare i prezzi. E così pure il caffè finisce nell’elenco dei beni al rialzo insieme a gelati, panini e bibite: 5% in più, almeno in autostrada secondo Federconsumatori. Ma l’ipotesi di dover sganciare due euro per una tazza di caffè potrebbe diventare, addirittura, un caro ricordo. Secondo una proiezione Moneyfarm, considerando il trend attuale di inflazione e carovita, nel 2050, ossia tra venticinque anni (un tempo lungo, per carità, ma non certo un’eternità) si potrebbe arrivare a sganciare addirittura 4,26 euro. Ciò perché, secondo gli analisti, il costo della vita salirà fino al 64% facendo lievitare la spesa media per famiglia italiana, che attualmente è già altina e si assesta a 2.128 euro annui, a ben 3.491 euro. Insomma non proprio un bello scenario.
L’importanza della filiera del caffè è stata riconosciuta anche dal governo e dall’Unione europea. La tutela dell’agricoltura e delle produzioni è entrata, di prepotenza, anche nel piano Mattei e, in particolare, nei progetti che riguardano il corridoio di Lobito. Progetti che ha presentato la stessa premier Giorgia Meloni che ha sottolineato la strategica importanza di “rafforzare le catene del valore locale” al fine di “proteggere i piccoli produttori”. Perché, in fondo, il tema è sempre quello.
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