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CAMICI IN FUGA

di Eleonora Ciaffoloni -

ORAZIO SCHILLACI MINISTRO


Diecimila in dieci anni: un dato che si fatica a immaginare. In pochi anni l’Italia, per mancanza di appeal, di occasioni, di un’economia fiorente, di riconoscimenti, ha perso tanto capitale umano da farci trovare oggi a un punto di non ritorno. Non è la prima volta che sentiamo parlare di fuga di cervelli: da ormai più di un decennio sono state decine di migliaia i giovani, spesso neolaureati, che hanno scelto di lasciare il Belpaese per trovare fortuna (lavorativa) all’estero. Un fenomeno che ha colpito diversi settori: anche quello della sanità che ha registrato dal 2005 al 2015 la fuga di diecimila camici.

 

È il dato che è stato presentato dal ministro della Sanità Orazio Schillaci, intervenuto all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università Cattolica di Roma. Il ministro ha parlato di “un esodo di capitale umano che non possiamo più permetterci” e per cui il governo sta cercando soluzioni. Difatti, dice Schillaci “appare urgente porre i giovani al centro delle politiche di sviluppo offrendo loro la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni, sfatando l’idea che la nostra non è una nazione per giovani” e quindi con la priorità di “intervenire per arrestare una vera e propria fuga da alcune specialità mediche, rese sempre meno attrattive”. Per spiegarlo, nel suo intervento il ministro illustra come, nel 2022, tante le borse delle scuole di specializzazioni mediche non sono state assegnate per mancanza di candidati: un fenomeno che assume “dimensioni preoccupanti”: non solo per la fuga in sé, ma anche per la mancanza di personale e di capitale umano nel settore sanitario che colpisce soprattutto l’area della medicina di emergenza e urgenza. Questi dati, dice il ministro “indicano una disaffezione verso il Servizio Sanitario Nazionale alimentata da una scarsa valorizzazione economica del nostro personale sanitario, che è costretto a turni in massacranti per mancanza di personale”.
Oggi, ma non da oggi, l’emergenza della carenza di personale medico e sanitario è tra le più gravi nel settore: le problematiche vengono da lontano e, secondo il ministro, soprattutto “da una programmazione miope” che non “rispondeva alle reali esigenze del Paese”.

 

Schillaci, con le sue parole, fa infatti riferimento alla strategia attuata dai governi precedenti in merito agli accessi alle facoltà di Medicina: secondo il vecchio metodo, fino a pochi anni fa venivano ammessi per ciascun anno tra gli 8mila e i 10mila studenti alla Facoltà di Medicina, anche se in molti, tra cui la Conferenza dei Presidi, chiedevano insistentemente di aumentare gli accessi degli studenti a 12mila. “Per questo – dice il ministro – si procederà a un ampliamento”. E non solo: in favore di una soluzione in breve termine è stato istituito presso il ministero dell’Università un gruppo di lavoro, che ha il compito di definire il fabbisogno dei medici e adeguare le capacità e l’offerta potenziale del sistema universitario, “Perché non bisogna dimenticare che nessuna innovazione tecnologica, per quanto indispensabile e necessaria, potrà mai sostituire la leva essenziale del nostro servizio sanitario nazionale: il capitale umano” ha dichiarato il ministro.
Non è mancata, durante l’intervento, l’occasione di lanciare frecce al veleno ai predecessori: “Dopo che il centrosinistra ha governato per dieci anni, della sanità ne è stato fatto un argomento di campagna elettorale”.

 

Insieme a questo, il ministro per porre le distanze tra i governi precedenti e quello di Giorgia Meloni ha voluto sottolineare che, sin dal primo momento, il nuovo esecutivo ha iniziato a lavorare per mettere mano a quanto (non) fatto finora. “Un primo segnale di attenzione al problema – ha ricordato il ministro – è stato dato con la Legge di Bilancio, “prevedendo un aumento dell’indennità per gli operatori sanitari del pronto soccorso a partire dal primo gennaio 2024 con uno stanziamento di 200 milioni di euro annui, di cui 60 milioni di euro per la dirigenza medica 140 milioni di euro per il personale del comparto sanità”.

 

Un primo passo, per una squadra appena strutturata, che ha la finalità di costruire un “disegno strategico di valorizzazione del nostro capitale umano che non possiamo più rimandare: senza interventi lungimiranti e sistemici le nostre università continueranno a formare i migliori cervelli che emigreranno alla ricerca di migliori prospettive economiche e professionali”. Un lavoro che dovrà far convergere il settore sanitario e quello formativo, con la speranza di poter tenere e voler far rimanere – non con false speranze – a casa nostra, i “cervelli” in fuga.


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