Attualità

Camorra: blitz a Pagani nel Salernitano, 88 misure cautelari

Oltre cento indagati, sgominato un clan egemone sul territorio

di Cristiana Flaminio -


Maxi blitz anti camorra tra Pagani e dintorni, nel Salernitano: eseguite 88 misure cautelari, 79 persone finiscono in carcere, nove ai domiciliari, gli indagati sarebbero più di cento. L’operazione ha tenuto impegnati, dall’alba di questa mattina, gli agenti della Squadra mobile Polizia di Stato di Salerno e i carabinieri della compagnia di Nocera Inferiore. Nel mirino degli inquirenti ci sarebbe il clan Fezza-De Vivo con base nell’agro nocerino sarnese.

Blitz a Pagani e nel Salernitano: tutte le accuse

È lunghissimo l’elenco di capi di imputazione a cui, a vario titolo e in differenti posizioni, dovranno rispondere gli oltre cento indagati nel blitz che, partendo dal Salernitano, s’è esteso in ben cinque Regioni del Paese coinvolgendo più di 500 tra agenti e militari, nuclei cinofili ed elicotteri. Si va dall’associazione di stampo mafioso, all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. E poi tentato omicidio, estorsione aggravata, riciclaggio, detenzione e porto illegali di armi, tutti aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose, nonché di associazione per delinquere finalizzata al furto, ricettazione e riciclaggio di autovetture di grossa cilindrata.

Gli affari del clan

L’inchiesta sfociata nel blitz di questa mattina è sorta attorno al tentato omicidio di un pusher, avvenuto nell’estate del 2023, a Pagani nel Salernitano. Non voleva “sottoporsi” agli ordini del clan. Che, a quell’epoca, s’era organizzato in maniera efficiente su due fronti, quello economico e quello definito “militare” dagli inquirenti. In pratica, la consorteria avrebbe acquisito il dominio delle piazze di spaccio sia fornendo la materia prima da spacciare sia imponendo una “tangente” al mese. Pizzo a cui erano sottoposti anche ladri e ricettatori della zona. Chi non voleva pagare, rischiava di finire male. Ciò che sarebbe potuto accadere al pusher dissidente. La forza del clan avrebbe spinto l’organizzazione a lambire anche territori vicini sfociando anche nell’area dell’hinterland napoletano, tra Sant’Antonio Abate e Santa Maria la Carità.


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