Giustizia

Carceri, tra criticità e situazioni di vera e propria illegalità. Intervista a Rita Bernardini

di Giuseppe Ariola -


Rita Bernardini, lei è presidente di Nessuno tocchi Caino. Già solo il nome dell’associazione esprime un concetto fondamentale e troppo spesso ignorato rispetto all’universo delle carceri … Quanto incidono le attività di rieducazione dei detenuti sul loro effettivo reinserimento sociale?

“Molto poco perché con il sovraffollamento che c’è, con gli organici ridotti all’osso di agenti penitenziari, educatori, psicologi, mediatori culturali, assistenti sociali, magistrati di sorveglianza, medici e infermieri, la detenzione è un incubo. Pochissimi svolgono lavori qualificanti o accedono a percorsi scolastici di vera riabilitazione. I dati parlano chiaro: i reclusi che scontano l’intera pena in carcere al 60% tornano a delinquere”.

Al netto dei drammatici episodi che purtroppo ci consegna la cronaca, quali sono le criticità maggiori che riscontrate durante le visite che effettuate presso i penitenziari?

“Non parlerei di ‘criticità’ ma di vere e proprie ‘illegalità’. La prima è il sovraffollamento, che ha raggiunto il 132% a livello nazionale. Se tu Stato hai a disposizione 46.000 posti e ci metti oltre 62.000 detenuti, è evidente che tutto salta perché hai parametrato sia le piante organiche di tutte le professionalità sia le strutture con le sue infrastrutture (bagni, docce, impianti elettrici e idraulici) per quel numero di posti. Queste “illegalità” sono in parte certificate dai magistrati di sorveglianza che ogni anno riconoscono a cinquemila detenuti rimedi risarcitori per violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, cioè per trattamenti inumani e degradanti”.

Sovraffollamento: se ne è parlato anche al convegno organizzato da Uniti nel fare di Renata Polverini al quale lei ha partecipato. La politica è divisa tra chi propone di risolvere il problema con l’edilizia carceraria e chi è invece favorevole a un ripensamento dell’istituto della detenzione, a partire da quella cautelare. Chi ha ragione?

“Chi ha un’impostazione carcerocentrica vuole costruire nuove carceri non per combattere le conseguenze nefaste del sovraffollamento, ma per mettere più gente in carcere nonostante i risultati recidivanti di cui parlavo. Le fornisco delle cifre: lo Stato italiano ha stanziato per l’anno in corso 3 miliardi e 409 milioni per l’amministrazione penitenziaria (quindi, per le carceri), mentre per la giustizia minorile e di comunità (che si occupa dei minori e delle misure alternative al carcere) ha stanziato solo 427 milioni. Rispetto all’anno scorso la spesa per le carceri è aumentata di quasi il 2%, quella destinata alle misure alternative è diminuita del 4,5%. Ricordo che le persone che accedono alle misure alternative al carcere hanno una recidiva che si riduce drasticamente (dal 60 al 20%). Aggiungo che per costruire nuove carceri ci vogliono moltissimi anni e una spesa ingentissima, oltre al fatto che occorre ancora più personale già oggi ridotto al lumicino. Le ricordo che personalmente sono oggi (30 aprile) al 7° giorno di sciopero della fame per sostenere, con la nonviolenza, l’appello di Nessuno tocchi Caino ai parlamentari per la riduzione di un anno di pena a tutti i detenuti in memoria di Papa Francesco il quale, come fu per Marco Pannella fino all’ultimo giorno della sua vita, non ha smesso un minuto di richiedere un atto di clemenza per i reclusi e dare a loro e alle loro famiglie un po’ di speranza. Papa Francesco, recandosi a Regina Coeli lo scorso Giovedì Santo, ha compiuto uno straordinario gesto nonviolento. Nelle condizioni in cui era, stremato e a tre giorni dalla morte, è andato a ‘visitare i carcerati’ trovando la forza e l’umiltà di dire ‘perché loro e non io?’”.

Come è possibile che non vengano rispettate norme come quelle relative all’età massima per la detenzione carceraria o la possibilità per i condannati di avvalersi di pene alternative e quanto questo pesa sull’attuale stato di emergenza?

“Io non so quanti cittadini abbiano consapevolezza dell’erosione che hanno avuto in Italia democrazia e Stato di diritto. Preciso che non si tratta di un processo in atto con questo governo e con l’attuale Parlamento. Da decenni, chiunque abbia governato, si è fatta l’economia di principi fondamentali come quelli contenuti nella nostra Costituzione. Ci meravigliamo solo quando certe ingiustizie toccano a noi. Oltre alla scarsa qualità della legislazione (norme imprecise, scritte male, difficilmente interpretabili) noi abbiamo in tutta Italia solamente 246 magistrati di sorveglianza che, oltre che dei 62 mila detenuti, devono occuparsi di decine di migliaia di misure alternative e di comunità e di oltre centomila ‘liberi sospesi’: è evidente che l‘esecuzione penale così non può funzionare perché le risposte – se arrivano – arrivano tardi e i giudizi sono dati spesso senza conoscere il percorso della persona che ha presentato un’istanza. Inoltre, ci sono poche comunità in grado di ospitare – con adeguata professionalità – sia i tossicodipendenti che le persone con forte disagio psichiatrico”.


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