Attualità

Carlo Tresca, la voce libera dei lavoratori e degli immigrati in America

di Pasquale Hamel -


Il nome di Carlo Tresca, ricordato come “l’uomo più buono del mondo”, alla quasi totalità degli italiani dirà nulla. Lo vogliamo ricordare perché è stato un italiano che ha vissuto all’estero e che ha dato un contributo di immagine positiva dell’Italia. Tresca, nato a Sulmona nel 1879, negli States arriva nel 1904. Non si tratta del classico emigrato, ma di un rifugiato politico, un sindacalista, perseguitato per le sue idee libertarie. Antimilitarista, ha combattuto “contro tutti i dispotismi”, anche in America: si stabilisce a Filadelfia dove trova un terreno fertile per il suo attivismo politico. In un’epoca segnata da forti disuguaglianze sociali e trasformazioni industriali, la sua presenza nel mondo del lavoro e tra gli immigrati italiani diventa decisiva. Da lì inizia la sua frenetica attività politico sindacale: con una dedizione totale alla causa dei lavoratori diventa un formidabile organizzatore sindacale. Guida scioperi di mesi, pubblica giornali che denunciano padroni e mafiosi, vince e perde decine di processi per la libertà delle sue idee e dei lavoratori immigrati, fino a portarli sul palco del Madison Square Garden a rappresentare la protesta di operai tessili. Tresca era un comunicatore abile, capace di tradurre le contraddizioni sociali in un discorso che parlava direttamente alle masse. Questo modo di fare politica, diretto e radicale, gli valse ammirazione e critiche, rendendo la sua figura ancora oggi oggetto di dibattito. Da ricordare, nel 1927 tenta di strappare alla sedia elettrica gli anarchici Sacco e Vanzetti, protagonisti di lotte sindacali che avevano disturbato il governatore del Massachusetts e i capitalisti. La sua ostilità nei confronti dei regimi totalitari lo convince a prendere le distanze da leninismo e stalinismo, per l’evidente natura liberticida del totalitarismo sovietico. Stesso atteggiamento ha nei confronti del fascismo: cerca di bloccare la propaganda fascista e intraprende battaglie contro figure prominenti italoamericane di orientamento filofascista. Suo principale obiettivo è il magnate dell’edilizia newyorkese Generoso Pope che contava sull’appoggio della mafia americana. Per questo motivo aderisce all’Anti-Fascist Alliance of North America che si opponeva alla presenza di militanti fascisti nelle comunità italoamericane. Un’adesione che non dura a lungo: si dimette quando i comunisti ne acquisiscono il controllo. Aderisce poi alla Mazzini Society, promossa da Gaetano Salvemini, che tentava di promuovere gli ideali antifascisti all’interno della comunità italoamericana. Il suo radicalismo e dirittura morale erano mal sopportati e i suoi nemici crebbero a dismisura: Carlo Tresca diventa un personaggio scomodo da togliere di mezzo. L’11 gennaio 1943 viene abbattuto a colpi di rivoltella nelle strade di New York. L’omicidio di Tresca fece scalpore in città. “Principale indiziato fu il malavitoso Carmine Galante, arrestato e poi rilasciato per mancanza di prove. Il mistero di chi abbia commissionato e attuato l’assassinio non è mai stato risolto e nel corso degli anni sono state fatte diverse ipotesi. Vi è chi ha accusato i comunisti, in particolare Vittorio Vidali, di aver complottato contro Tresca a causa della sua ferma denuncia dei crimini degli stalinisti”. Altri hanno indicato Pope come mandante dell’omicidio. Per altri sarebbe stato Mussolini, con l’intermediazione del boss mafioso Vito Genovese, a ordinare l’eliminazione di Tresca, essendo sulla sua lista nera presumibilmente dagli anni ’30. Si tratta comunque di congetture, dal momento che nemmeno Dorothy Gallagher e Nunzio Pernicone, autori dei migliori lavori su Tresca, sono riusciti a indicare una pista sicura per sciogliere il mistero. Al funerale di Carlo Tresca a New York ci furono ben 80 automobili cariche di fiori a precedere un corteo di migliaia di persone. Operai, tessitrici, intellettuali, artisti, scrittori che piangevano quello che fu definito “l’uomo più buono del mondo”.


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