Corre il carrello della spesa, furia consumatori
Tutti i numeri dell'Istat, sale il reddito delle famiglie
Sale l’inflazione, così come il reddito delle famiglie e la propensione al risparmio ma ciò che davvero fa paura, sul liminare di un’estate che si preannuncia più che bollente, è la corsa (incessante) del carrello della spesa. I trend che sono stati presentati dagli analisti di via Balbo nell’ultimo report sui livelli dei prezzi, che si riferisce a giugno, fanno sobbalzare dalla sedia le organizzazioni dei consumatori. L’inflazione, a giugno, è in ripresa e si attesta all’1,7%, in risalita di due decimi di punto. Si tratta di un aumento stimato in circa il 3,1%, trascinato dall’impennata dei costi dei beni alimentari, della cura della casa e dell’igiene personale. Un guaio, e non solo dal punto di vista dei numeri, perché si tratta di rincari che investono anche (se non soprattutto) i prodotti a più alta frequenza d’acquisto. Per le associazioni dei consumatori si tratta di un salasso che incombe sulla testa, o meglio nelle tasche, degli italiani. Per Federconsumatori si prospetta una stangata da 535 euro l’anno, 174,60 legati ai rincari dei beni alimentari. Cifre alte, ma ridimensionate, sono quelle che invece snocciolano gli esperti dell’Unione nazionale dei consumatori secondo cui la corsa del carrello della spesa si tradurrà in un esborso per le famiglie, con due figli, che sale a 622 euro “di questi ben 338 euro in più se ne vanno solo per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche rincarati del 3,7%, 356 per il carrello della spesa”. In pratica, la mazzata è servita: “una famiglia spende 234 euro in più solo per mangiare e bere”. Assoutenti, poi, snocciola cifre e percentuali sulle singole voci della spesa alimentare: “Il burro aumenta del +19,9% sul 2024, il caffè del 25%, il cioccolato del 13%, il cacao del 21,4%, ma sensibili rialzi si registrano anche per le uova (+7,4%), la frutta fresca (+7,1%), i gelati (+5,5%)”, tuona il presidente Gabriele Melluso.
La risposta, ai consumatori, non è tardata ad arrivare. Secondo Federdistribuzione, “il mese di giugno conferma una fase di riassestamento dei prezzi al consumo”. Quest’anno, a pesare, sono “incertezze e consumi deboli, influenzati dalle tensioni dello scenario geopolitico internazionale, e da continue pressioni lungo alcune filiere e su specifiche materie prime”. Niente di nuovo sotto il sole. Ma la distribuzione ritiene di fare il massimo e si dicono attive nel confermare “l’impegno fondamentale a tutela del potere d’acquisto delle famiglie italiane, un impegno che si inserisce nel solco delle numerose iniziative messe in campo negli ultimi anni per contenere l’andamento dei prezzi, con responsabilità e attenzione verso le esigenze delle persone e del Paese”. A proposito di potere d’acquisto, dall’Istat è arrivata (almeno) una buona notizia. Già, perché i redditi degli italiani sarebbero migliori, in risalita al punto da far tornare alle famiglie la voglia, e soprattutto la possibilità, di risparmiare qualcosina. Secondo l’Istat, nel primo trimestre di quest’anno il reddito disponibile per le famiglie è salito dell’1,8% rispetto ai tre mesi precedenti mentre i consumi sono altresì aumentati nella misura dell’1,2%. Bene la propensione al risparmio che si è attestata, a fronte di un potere d’acquisto aumentato dello 0,9%, in crescita al 9,3% (+0,6%). Non si tratta, per gli analisti, di una performance isolata bensì di un processo che è iniziato già nel primo trimestre di due anni fa e che si è rimesso in moto dopo la battuta d’arresto registrata nell’ultima parte del 2024. Adesso, almeno per le organizzazioni del commercio che temono il ristagno dei consumi, bisogna fare un passo in più. Confesercenti si dice preoccupata dallo “scollamento tra l’andamento dei redditi e dei consumi” che sembra segnare “una disconnessione tra la crescita economica e la fiducia”. Uno scenario che “non va sottovalutato” perché rivelerebbe la necessità di “un’azione decisa per restituire potere d’acquisto e stimolare una domanda interna ancora troppo debole”.
Confcommercio ritiene che i prezzi siano, sostanzialmente, sotto controllo e chiede un clima più sereno per far sì che i consumatori riprendano a comprare. Perché, spiegano da Confcommercio, “senza la spinta dei consumi sarà impossibile un’accelerazione della dinamica dell’attività economica nel complesso, con risvolti negativi anche in termini di parametri di finanza pubblica”. Stando all’analisi Unimpresa, infine, non c’è da far drammi di fronte ai numeri pubblicati ieri dall’Istat. Con l’inflazione all’1,7% non suona alcun campanello d’allarme, non si è al cospetto di nessuna fiammata ma, più semplicemente, “di un ritorno alla normalità dopo gli choc degli anni scorsi”.
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