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CARRELLO DELLA SPESA – Che mazzata, la spesa: la stangata sugli alimentari

di Giovanni Vasso -


Ci sarà pure un motivo se questa rubrica si chiama “il carrello della spesa”. Eccolo: è proprio lui, quello che gli analisti chiamano così, a darci in questo periodo le maggiori preoccupazioni. Fare la spesa è diventato un incubo. I prezzi sono aumentati al punto da costringere le famiglie a tirare la cinghia. E no, non perché abbiano deciso di mettersi a dieta. L’Istat ha riferito che, a maggio, le vendite in Italia sono diminuite ancora. Ciò accade, anche, per il settore alimentare. Comprare cibo si fa complicato dal momento che, secondo i numeri snocciolati dagli analisti di via Cesare Balbo, le vendite sono salite del 2,5% in termini di valore e scese dello 0,4% per quanto afferisce ai volumi. In pratica, si spende di più per comprare di meno. Numeri che spingono il Codacons a “dimostrare in modo inequivocabile” che “i rincari dei prezzi nel comparto alimentare” impattano “sulle famiglie e sulle loro abitudini”, portandole “a tagliare la spesa ma al tempo stesso a spendere di più per un carrello sempre più vuoto”. L’analisi di Assoutenti, invece, prende in esame i primi cinque mesi di quest’anno. Da gennaio a maggio, secondo l’organizzazione dei consumatori, “le vendite nel comparto alimentare registrano una contrazione in volume del -0,9%, a fronte di una crescita in valore del +1,8%, a dimostrazione di come prosegua in Italia la forte crescita dei prezzi al dettaglio nel settore”. I conti sono presto fatti: “Nei primi 5 mesi dell’anno si assiste ad una forte riduzione dei volumi delle vendite equivalente, al netto dell’inflazione, ad un taglio di spesa per l’acquisto di cibi e bevande da complessivi 6 miliardi di euro su base annua”. I nodi, per Assoutenti, sono da individuare nella “crisi delle materie prime” che “continua a pesare sulle tasche dei consumatori, e sta portando a sensibili rialzi dei prezzi per prodotti alimentari di largo consumo, beni che registrano in alcuni casi una inflazione a due cifre che costringe i consumatori a cambiare abitudini e ridurre gli acquisti”.

Questi numeri, però, si riferiscono a maggio. A giugno, se possibile, potrebbe essere andata anche peggio. Il motivo è dentro l’analisi che Federdistribuzione ha pubblicato a seguito dei dati Istat per il sesto mese di quest’anno. Secondo l’organizzazione che riunisce le aziende della grande distribuzione: “Il mese di giugno conferma una fase di riassestamento dei prezzi al consumo. Il quadro economico resta segnato da incertezze e consumi deboli, influenzati dalle tensioni dello scenario geopolitico internazionale, e da continue pressioni lungo alcune filiere e su specifiche materie prime”. Ma gli operatori rigettano ogni accusa, riferiscono di non essere loro ad appesantire il carrello della spesa degli italiani e anzi ribadiscono “l’impegno fondamentale a tutela del potere d’acquisto delle famiglie italiane” che “si inserisce nel solco delle numerose iniziative messe in campo negli ultimi anni per contenere l’andamento dei prezzi, con responsabilità e attenzione verso le esigenze delle persone e del Paese”. La rivendicazione di Federdistribuzione è netta: “Anche grazie a una gestione attenta e responsabile dell’offerta, e alla competitività che caratterizza il settore, la distribuzione moderna continua a operare per contrastare le dinamiche inflattive. Un importante contributo a questo scopo è l’offerta di prodotti a marca del distributore, che uniscono qualità, convenienza e attenzione al territorio e che rappresentano una risposta concreta alle esigenze delle famiglie e un sostegno diretto alle filiere agroalimentari italiane, simbolo dell’eccellenza del Made in Italy”.


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