Editoriale

CARRI ARMATI PACE E BUGIE

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


 

Detto che in ogni guerra uno invade l’altro. Detto che hanno capito anche i muri che Putin non si fermerà. Parliamo un attimo di come ne veniamo fuori. Se avete raccontato per un anno che le armi servivano a fare la pace, oggi scopriamo che le armi servono a fare la guerra. E quindi sentiamo i presidenti di Francia e Germania, e fra poco anche il nostro, ripetere come pappagalli che l’Europa non è in guerra. Appunto. A qualcuno è venuto in mente che il fatto che l’Europa sia in guerra contro la Russia non dipende da un nostro pezzo di carta, né dalle nostre dichiarazioni ufficiali, ma dalla percezione che il resto del mondo ha di ciò che sta avvenendo in Ucraina? Diciamo pure che non ci crede nessuno ormai al mantra che si ripete, che questa tecnica di difesa dell’Ucraina, fatta con le armi, sta portando a dei risultati. Lo scenario invece è quello di un conflitto che si allarga, che interessa e colpisce sempre più persone fuori dai territori dello scontro, che mette in ginocchio l’Occidente, che mette in crisi il sistema democratico nel suo insieme. Una volta, quando le democrazie erano un po’ meno ipocrite di adesso, di fronte a una cosa di questo tipo, se davvero si era convinti di essere dalla parte della ragione, si prendevano gli eserciti e si andava a combattere. Perché se magari ci andassimo in Ucraina forse la guerra la vinceremmo. Mentre se continuiamo a mandare carri armati, munizioni e miliardi finisce che spendiamo gli stessi soldi, la guerra diventa mondiale comunque, e la perdiamo pure. Cornuti e mazziati si diceva ai tempi della democrazia. Ma noi non lo faremo. Perché chi questa guerra la sta alimentando ripete come un mantra di essere un paciere. Ripete non solo che Putin è un criminale che ha invaso un paese indipendente, ma che l’unica strada perché questo paese indipendente non crolli sotto i colpi dei russi è fare quello che stiamo facendo da un anno sortendo esattamente l’effetto opposto. E non dico un anno casualmente perché questa guerra è vero che è iniziata il 24 febbraio con l’invasione – salvo che i 15 anni precedenti erano molto importanti per capire che questo sarebbe successo prima o poi – ma è partita proprio il 27 gennaio, quando il ministro degli Esteri Russo Lavrov ha respinto al mittente dal Cremlino l’ultimo tentativo di mediazione farlocca che gli Stati Uniti d’America avevano inviato a Mosca per cercare di sedare quella che ormai la diplomazia sapeva sarebbe diventata una guerra di dimensioni vaste. E a un anno esatto da quelle dichiarazioni lo stesso ministro Lavrov dallo stesso Cremlino usa parole che sono il portato bellico di quell’avviso di un anno fa: vi seppelliremo. Però noi siamo la democrazia. Il sistema più intelligente del mondo. Quello che ha capito tutto. E questo può essere anche vero. Ma che sta raccontando una favola destinata ad avere uno dei più brutti finali degli ultimi decenni. Nel frattempo i cittadini democratici stanno messi sempre peggio: i poveri sono tantissimi, i vincoli dei governi sono diventati tali da rendere incapace ogni forza politica che vince le elezioni di fare un terzo di quello che promette in campagna elettorale. Metà delle persone che aderiscono al sistema democratico non va a votare. Secondo voi queste sono persone a cui potete dire che una guerra è una pace? O sono persone a cui potete dire che l’invio delle armi in Ucraina è servito a qualcosa? No, queste sono le persone che dovrebbero avvertire i nostri governanti che il tempo delle balle sta per scadere. E di balle se ne continuano a sentire talmente tante su quello che ci sta avvenendo intorno che anche le persone più miti di Paesi miti come l’Italia cominciano a capire di essere stati presi in giro. Sconsiglio vivamente all’Unione europea di lasciare arrivare quel momento. Perché le elezioni del prossimo anno, se avvenissero in questo clima, potrebbero essere deflagranti per un’istituzione che si sta rivelando inutile se non dannosa al proseguo di un percorso di sviluppo del continente che ha messo insieme. Se nemmeno una guerra nel terzo millennio ci fa capire che è il momento di cambiare e di riformare davvero il nostro modello di sviluppo, non ce lo farà più capire nessun altro. E questo potrebbe diventare molto pericoloso. Come sta diventando molto pericoloso quello che ogni giorno succede in Ucraina.

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