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Giù le mani da Peppa Pig. Ma non vale solo per la destra. Il vizio della censura è bipartisan. Da Goldrake ai Griffin

di Rita Cavallaro -


Giù le mani da Peppa Pig. Ma non vale solo per la destra. Il vizio della censura è bipartisan. Da Goldrake ai Griffin

Come dicevano i nonni: del maiale non si butta via niente. E una sinistra sempre più in caduta libera non butta proprio niente niente. È diventato un caso la nuova stagione del cartone animato Peppa Pig, in cui gli autori hanno inserito l’orsa polare Penny, che non ha una famiglia tradizionale, ma due mamme. “Indottrinamento gender”, così ha definito la novità Fratelli d’Italia, sconfinando in un ambito che non dovrebbe riguardare il partito di Giorgia Meloni. E l’occasione è stata subito ghiotta per la sinistra, che ha urlato allo scandalo. Dimenticando, in men che non si dica, decenni di storia di quella sinistra che è andata avanti a botte di pane e politically correct, tanto da mandare in crisi la libertà d’espressione e la scelta narrativa nel cinema, nel teatro, nella comicità. Perché la cultura radical chic della sinistra del popolo si è sempre più allontanata da quel popolo, non solo sulle battaglie per la classe operaia, ma anche su quell’umanità terra terra, da snobbare sulla sfera dell’intrattenimento. I comunisti con il maglione di cashmire che parlano di cultura nelle serate a Capalbio, che amano i film impegnati di Nanni Moretti e aborriscono le pellicole che piacciono di più agli italiani. È così che i buonisti dem hanno puntato il dito contro i successi di Checco Zalone, che con i suoi lavori è stato premiato dal pubblico al botteghino con oltre 200 milioni di incassi. Il comico del politicamente scorretto, che con i suoi “uominisessuali” e immigrati non è certo un razzista omofono ma semmai il contrario, è il simbolo di un popolo sempre più lontano dalla sinistra italiana. Storicamente bocciata dai suoi elettori non da salotto già ai tempi del demoproletario Silverio Corvisieri, che portò addirittura il cartone Goldrake in Parlamento perché inneggiava al “culto della delega al combattente”. Quel robot andava fermato e con esso tutti i cartoni giapponesi, etichettati come “fascisti” dalla comunista Nilde Iotti, compagna di Palmiro Togliatti. Già allora l’ideologia di sinistra aveva cominciato ad allontanarsi dalla gente e lo dimostra il fatto che Goldrake entrò nel mito e ancora oggi vive. Eppure quella sonora sconfitta di vedute non servì a far cambiare rotta ai paladini del politically correct, che oggi trovano lo spauracchio dell’intolleranza ovunque. Sono finiti sotto la scure dei dem de ‘noantri perfino i classici Disney. E allora tutti contro Dumbo: è razzista perché i corvi che insegnano all’elefantino a suonare hanno una voce esageratamente da neri. E Peter Pan? Semina intolleranza visto che i nativi indiani vengono chiamati “pellerossa”. Ce n’è per tutti i colori: via il gatto dal “muso giallo” degli Aristogatti che suona con le bacchette cinesi. I nani di Biancaneve sono accusati di veicolare stereotipi denigratori e la troppo sexy Jessica Rabbit sembra una sorta di prostituta mangiatrice di uomini. E allora, per tenere buone le attiviste del #MeToo, la Disney ha fatto sapere che l’avrebbe ridisegnata più casta. Insomma, la storica fabbrica di cartoni fondata da Walt Disney sta rinnegando se stessa per stare al passo con gli intellettualoidi di sinistra che hanno voce in capitolo nell’industria culturale. E si è dovuta piegare perfino in un cartone la cui forza è proprio la blasfemia e l’umorismo dissacrante. Così I Griffin non faranno ironia sui gay e sul mondo Lgbt e non vedremo più Donald Trump baciare un uomo. La Sirenetta è diventata nera e in tutte le pellicole italiane sono d’obbligo le quote per le “minoranze”: se nel cast non ci sono almeno una coppia gay, un extracomunitario e un disabile le riprese non partono.


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