Caso Almasri: chiesta autorizzazione a procedere per Mantovano, Piantedosi e Nordio
Caso Almasri, svolta giudiziaria e tensione politica: chiesta l’autorizzazione a procedere per Mantovano, Piantedosi e Nordio. Meloni: “Ogni decisione fu condivisa”
Una nuova fase si apre nell’intricata vicenda del generale libico Osama Njeem Almasri. Il Tribunale dei ministri ha infatti chiesto alla Camera l’autorizzazione a procedere contro tre esponenti dell’esecutivo: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Lo ha reso noto il presidente della Giunta per le autorizzazioni, Devis Dori. I tre sono indagati per il presunto favoreggiamento dell’ex comandante libico, arrestato in Italia a gennaio su mandato della Corte penale internazionale e successivamente rimpatriato in gran segreto con un volo organizzato dall’intelligence italiana.
Caso Almasri: la decisione, le accuse l’autorizzazione a procedere
La richiesta del Tribunale dei ministri apre ora la strada a un voto parlamentare, previsto entro sessanta giorni, che dovrà stabilire se consentire l’avvio di un processo nei confronti dei tre esponenti del governo. Mantovano e Piantedosi risultano indagati per favoreggiamento personale, mentre su Nordio grava anche l’accusa di omissione di atti d’ufficio.
La Corte ha invece archiviato la posizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Pur riconoscendo che fosse informata dei fatti tramite i servizi segreti – in particolare da Giovanni Caravelli, direttore dell’Aise – i giudici non hanno riscontrato prove sufficienti per affermare una sua responsabilità diretta o una partecipazione attiva nella fase decisionale. Non ci sarebbero, infatti, elementi di “gravità, precisione e concordanza” tali da dimostrare che abbia condiviso o ordinato il rimpatrio.
Nordio contro ANM: “Invadenza inaccettabile”
A creare ulteriore tensione è intervenuto il presidente dell’ANM, Cesare Parodi, che ha dichiarato come un eventuale processo a carico dei ministri avrebbe inevitabili ripercussioni politiche. Immediata e dura la reazione del ministro Nordio: “Sono sconcertato dalle parole di un presidente finora considerato equilibrato. Non so come si permetta di citare la mia capo di gabinetto, che a quanto mi risulta non è menzionata negli atti. In caso contrario, dovrei dedurre che è a conoscenza di informazioni riservate. Le sue affermazioni rappresentano un’inaccettabile invasione di campo istituzionale”.
Dal canto suo, la premier Meloni ha rivendicato la coesione dell’esecutivo e la condivisione delle decisioni, prendendosi la responsabilità politica del caso. In un messaggio diffuso via social, ha dichiarato: “Rivendico che questo Governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è stata concordata. È assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro”. E ha aggiunto: “Ribadisco la correttezza dell’operato dell’intero Esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani”.
Tra gli elementi raccolti dal Tribunale dei ministri vi sono anche i colloqui con esponenti dei servizi segreti e le comunicazioni interne al governo. La difesa di Mantovano, rappresentata dall’avvocata Giulia Bongiorno, aveva chiesto di ascoltare il sottosegretario durante le indagini, ritenendolo figura chiave per chiarire i passaggi decisionali. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto non necessario il suo ascolto, privilegiando quello di Nordio, considerato più centrale nel quadro probatorio.
La Corte penale internazionale ha ricevuto rassicurazioni da parte dell’Italia, che ha rivendicato la correttezza delle sue azioni. Tuttavia, non si esclude che la Procura di Roma possa valutare autonomamente eventuali responsabilità penali di altri soggetti coinvolti nella vicenda.
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