Cronaca

CASO GARLASCO – Battaglia sull’impronta 33 tra Procura e famiglia Poggi: in mezzo c’è Andrea Sempio

I consulenti chiamati da Napoleone hanno attribuito la nota traccia all’indagato

di Rita Cavallaro -


CASO GARLASCO – Battaglia sull’impronta 33 tra Procura e famiglia Poggi: in mezzo c’è Andrea Sempio

Sul caso Garlasco è un tutti contro tutti. Anzi, per meglio dire, si sono creati due blocchi contrapposti: da un lato la Procura di Pavia, che procede contro Andrea Sempio per l’omicidio, in concorso con altre persone, di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007. Dall’altro l’indagato e anche la famiglia Poggi, fin dalle prime ore contro la nuova inchiesta, forte della convinzione che l’assassino sia Alberto Stasi. Proprio i Poggi hanno commissionato ai loro esperti una consulenza sull’impronta 33, quella traccia palmare impressa sul muro delle scale della cantina che, secondo la Procura di Pavia, sarebbe la manata di Sempio, compatibile in 15 minuzie con l’impronta rilevata nel 2007 e allora ritenuta non utile per una comparazione. Una consulenza di parte che si aggiunge a quella commissionata dalla difesa di Sempio all’ex generale Luciano Garofano e a Luigi Bisogno.

Sia gli esperti dei Poggi che quelli di Sempio sarebbero arrivati a una conclusione diversa rispetto a quella elaborata dall’analista dei Ris di Roma, Gianpaolo Iuliano, e dal dattiloscopista Nicola Caprioli, chiamati come esperti dal pool di magistrati guidati da Fabio Napoleone. I consulenti della Procura di Pavia, quando hanno attribuito l’ormai nota traccia palmare 33 a Sempio, sarebbero caduti in un “pregiudizio interpretativo”, operando “in totale disaccordo alle procedure accreditate presso la Comunità scientifica di riferimento”, sostengono Garofano e Bisogno nel documento. In sostanza, secondo i consulenti dell’indagato, i colleghi chiamati dai magistrati avrebbero confuso per “minuzie”, trovandone a loro dire 15 e attribuendo l’impronta a Sempio, quelle che erano “interferenze murarie”, segni del muro, e non “strutture papillari reali”. Quindi la consulenza tecnica dei pm sarebbe “errata”. Per l’ex generale Garofano “il metodo seguito non è stato rispettoso dei protocolli che riguardano gli esami delle impronte papillari e non ha seguito le regole imposte da quel settore scientifico.

La regola”, ha spiegato, “vuole che le minuzie siano preliminarmente individuate con obiettività e poi fotografate” e invece nella consulenza tecnica di Iuliano e Caprioli le 15 minuzie attribuite all’indagato “non sono documentate”. Gran parte di quelle minuzie, per i consulenti della difesa di Sempio, in realtà “non esistono” e “non c’è assolutamente corrispondenza” con l’impronta del 37enne indagato. La consulenza della Procura paga, secondo Garofano, “un probabile errore di orientamento di quell’impronta, noi presumiamo dovuto all’uso di un software automatico. Crediamo inoltre che alcune delle minuzie individuate da quei consulenti provengano dalla texture della parete e non appartengano all’impronta 33”. Per gli esperti dei Poggi, invece, quell’impronta 33 avrebbe al massimo sette minuzie, quindi non avrebbe alcuna utilità. Una questione che gli avvocati della famiglia di Chiara, Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, avrebbero voluto affrontare in sede di incidente probatorio. I legali hanno fatto saper di aver chiesto alla Procura nuovi accertamenti sull’impronta 33, ma gli inquirenti avrebbero rifiutato la loro proposta. “Poiché le conclusioni formulate depongono per la sicura estraneità dell’impronta alla dinamica omicidiaria, oltre che per la non attribuibilità della stessa ad Andrea Sempio, abbiamo pertanto ritenuto di sollecitare, quali legali delle persone offese, un definitivo accertamento sul punto, da compiersi con incidente probatorio, ponendo immediatamente a disposizione della Procura il contributo tecnico-scientifico fornito dai nostri consulenti”, hanno spiegato gli avvocati in una nota.

“Con l’occasione, a fronte delle sorprendenti ipotesi che erano state avanzate su alcuni media in merito alla possibile presenza di sangue sull’impronta in questione”, hanno spiegato, “ci era parso opportuno evidenziare l’esigenza di fare definitiva chiarezza anche su questo aspetto, valutando in contraddittorio l’asserita esperibilità – ad avviso di uno dei consulenti di Alberto Stasi – di ulteriori accertamenti. Tale istanza, volta esclusivamente a garantire un imparziale accertamento dei fatti nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti nell’attuale vicenda processuale, è stata tuttavia rigettata dal Pubblico Ministero, il quale”, precisano, “ha ritenuto di dover sottoporre i dati tecnici in esame ad una sua diretta ed esclusiva valutazione, da compiersi all’esito delle indagini in occasione dell’eventuale esercizio dell’azione penale nei confronti dell’attuale indagato”. Insomma, la battaglia sull’impronta 33 si consumerà in un eventuale processo a Sempio.


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