Cecilia Parodi condannata per odio razziale
Dopo il rito abbreviato la sentenza: 18 mesi e un risarcimento di oltre 20mila euro
Per Cecilia Parodi, scrittrice e attivista, una condanna a un anno e sei mesi per propaganda di odio razziale e diffamazione aggravata nei confronti della senatrice a vita Liliana Segre, che chiamò “demente senza cuore”.
Cecilia Parodi, condanna 18 mesi per propaganda di odio razziale e diffamazione
Parodi aveva pubblicato un video su Instagram nel quale ha pronunciato frasi antisemite come “odio tutti gli ebrei” e ha aggiunto espressioni di odio contro gli israeliani e chi li sostiene, arrivando a minacciare simbolicamente violenze estreme. Aveva detto che un giorno li avrebbe voluti vedere “appesi per i piedi” in piazze memorabili della storia mondiale. Queste dichiarazioni hanno portato alla denuncia di Segre e all’apertura di un procedimento giudiziario.
Il tribunale di Milano, con rito abbreviato e al termine del processo, ha deciso la condanna. Subordinando pure la sospensione condizionale alla pubblicazione per 20 giorni, a carico di Parodi, della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia. La scrittrice dovrà versare risarcimenti: 10mila euro a Liliana Segre, 5mila all’Associazione Internazionale degli Avvocati Ebrei, 5mila all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Infine, 500 euro al presidente dell’associazione, tutti parti civili nel processo.
Il processo
Parodi ha giustificato il suo comportamento con una presunta crisi nervosa dovuta ai nove mesi di conflitto in corso in Medio Oriente. Ha sostenuto che la sua reazione fosse legittima. E che la sola cosa sbagliata fosse la generalizzazione offensiva a tutti gli ebrei, aggiungendo che “qualcuno lo salverebbe”.
Inoltre, ha dichiarato di non aver mai chiesto la violenza contro gli ebrei, ma ha affermato che simili eventi si sarebbero verificati per le leggi della storia, in riferimento ai cosiddetti “corsi e ricorsi”.
La condanna è stata accolta con approvazione dalla senatrice Segre, che ha sottolineato l’importanza di leggi severe contro l’antisemitismo e l’odio razziale.
Da più parti, la sentenza è stata vista come un segnale chiaro contro la diffusione dell’odio e della discriminazione, richiamando la responsabilità morale e civile di quanti hanno visibilità pubblica.
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