Economia

C’era una volta il Sud, i dati choc Svimez: “Il Mezzogiorno perderà otto milioni di abitanti entro il 2080”. Ecco perché

di Giovanni Vasso -


C’era una volta il Sud: il rapporto Svimez non lascia margini d’interpretazione: il Mezzogiorno è luogo da cui fuggire, dove si lavora e si studia meno e peggio, dove l’inflazione colpisce con maggiore violenza le tasche, già esauste dei cittadini. I numeri sono impietosi. In poco meno di vent’anni, dal 2002 al 2021, il Sud ha perso, al netto dei rientri, più di 1,1 milioni di residenti. Sono scappati al Nord ben 2,5 milioni. Il deflusso netto degli under 35 è di 808mila persone, 263mila delle quali laureate. Le stime Svimez parlano di prospettive nerissime per il Meridione: entro il 2080, saranno otto milioni di residenti in meno. Solo al Sud, dunque, ci saranno i due terzi dell’intero calo demografico dell’Italia ma le analisi riferiscono che, dell’attuale popolazione a zero a 14 anni, più della metà prenderà la via del Nord. Tra le concause c’è il fatto che nel Mezzogiorno si guadagna di meno e, con la fiammata delle crisi che si sono susseguite in pochissimi anni, l’inflazione morde con maggior forza. Se le famiglie del Centro Nord hanno perso 1,2 punti di reddito disponibile, al Sud, secondo gli analisti Svimez, ne sono andati in fumo quasi tre (per la precisione 2,9 punti). Ciò accade perché le paghe sono basse. La tendenza di medio periodo delle retribuzioni lorde reali fa segnare una dinamica a dir poco deprimente. Rispetto al 2008, infatti, le retribuzioni reali sono crollate del 12% mentre, tutto sommato, al Nord gli stipendi hanno retto registrando una flessione pari a “solo” il 3 per cento. Poco lavoro e mal retribuito. Ecco perché dal Sud si scappa. Ma quello che oggi succede al Mezzogiorno, presto, potrebbe accadere in tutta Italia. Le dinamiche sono segnate: depopolazione, inverno demografico e impoverimento. Il triangolo mortale che rischia di mandare a carte quarant’otto quel che resta del Paese. A complicare il quadro, oltre al divario che pesa anche sui trasporti e che rende la vita un inferno per i milioni di pendolari meridionali, c’è il fatto che si studia poco e male. Già l’Italia presenta una delle percentuali più basse di popolazione laureata in Europa, pari a meno di un terzo  (il 29%) dei giovani tra 25 e 34 anni che hanno conseguito un titolo di istruzione terziario nel 2022. Si tratta di un dato che dovrebbe farci arrossire: inferiore com’è di ben16 punti percentuali al di sotto della media europea. Ma nel Mezzogiorno, alla vergogna si sostituisce lo sconforto: la percentuale dei giovani laureati, nonostante il numero di università fiorite negli ultimi tempi, si riduce al 22%. Il gap con l’Europa è di venti punti.


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