Politica

C’eravamo tanto D’amato

di Edoardo Sirignano -


Senza il Movimento, nel Lazio il centrodestra andrà oltre il 50%. A dirlo l’ultima ricerca realizzata dall’Istituto Izi. Secondo questa analisi, il Partito Democratico, superato di un punto dal Movimento 5 Stelle, non va oltre il 15,8%. La stessa Azione non decolla, mentre Fratelli d’Italia addirittura sfiora la soglia del 30%. Una nuova Caporetto s’intravede per quella che già qualcuno definisce la nuova accozzaglia di Letta.

La bugia di Letta

L’entusiasmo, manifestato nell’ultima conferenza, dove è stata ufficializzata la candidatura dell’assessore uscente alla sanità Alessio D’Amato, sostenuto da Pd, Azione e Iv, non corrisponde alla realtà. Riprendersi il palazzone di vetro sulla Cristoforo Colombo senza i pentastellati, per i rosa è impresa da Tom Cruise. Non ci sono dubbi. I numeri della scorsa tornata elettorale, dove appunto non c’era il gregario, ma “er presidente” Zingaretti, non sono neanche immaginabili. Senza i grillini non solo non si stappa la bottiglia, ma si va lentamente verso una batosta senza precedenti. Una debacle che non solo sancirebbe il ritorno del pisano nella sua università parigina, ma la fine politica della creatura politica pensata da Veltroni. Ecco perché imporre una soluzione definitiva, senza neanche passare per le primarie, è come dire a un’automobile che va verso il muro di accelerare. Il mondo progressista laziale, a parte i soliti signorotti delle Ztl, non si riconosce nel partito dei Parioli. Bisogna, quindi, stare al gioco del Conte e non c’è D’Amato che tenga.

Il ricatto del foggiano

L’avvocato di Volturara Appula lo sa bene. Ecco perché starebbe arruolando pure il diavolo, pur di fare lo sgambetto a Serracchiani e compagni, i quali sembrano vivere in un mondo parallelo o sicuramente lontano dal Colosseo. Sarebbe stato richiamato addirittura Ignazio Marino, scappato dagli States dopo essere stato accoltellato dai suoi, per dimostrare l’inconsistenza di un gruppo, che esiste solo a parole. L’unica parte democratica che respira, a quelle latitudini, è solo quella che ha come riferimento il fratello di Montalbano. Non è detto, però, che quest’ultimo alla fine faccia la mossa più comune al centrosinistra: il doppio gioco, ovvero sacrifichi il gregario per dire poi è colpa sua. Sarebbe la classica storiella da Nazareno. Il capitano, d’altronde, non accetta mai di essere sostituito dalla riserva. Non è un caso che il buon Goffredo, lo stratega di Zinga, ha già messo al tavolo, ai piedi del suo cagnone, il legale di Volturara Appula. “Faremo solo finta di sostenere il candidato del Pd – avrebbe riferito al capo politico indicato da Grillo”. Trascinati da Marino o Fassina che sia, diversi i compagni pronti a sposare la causa del foggiano in un movimento dove la falce e il martello sostituiscono le stelle. Non è utopia pensare che il coniglio calato dal cappello di Renzi e accettato dal gotha di Enrico possa penalizzare soltanto quest’ultimo

Il risotto della Quartapelle

Se Atene piange, Sparta non ride. A Milano le cose non vanno meglio che a Roma. La finta intesa tra M5s e Pd su Pierfrancesco Majorino non garantisce la vittoria su Fontana. Il vero problema non sarebbe l’armata di centrodestra, dilaniata dall’abbandono di Letizia Moratti, ma i soliti franchi tiratori. Lia Quartapelle, tra i primi sponsor di Pierfrancesco Maran, nome lanciato in prima battuta dal consiglio degli Scientologist, parla addirittura di “duello interno”, affrontando l’argomento primarie. Non è detto, quindi, che l’armata Meloni-Salvini-Berlusconi dovrà confrontarsi, ancora una volta, con un esercito già sconfitto in partenza. Bisogna, poi, tener conto del ritorno del vento di Firenze. Quel furbone, dopo aver blindato D’Amato, potrebbe convincere i suoi ex amici a votare la ministra di Arcore.


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