Cultura & Spettacolo

Che spasso il Casanova di Salvatores

di Nicola Santini -


Datemi Toni Servillo e mi terrete incollato alla poltrona, pubblicità compresa. Non mi viene nemmeno da andare in bagno. Temo troppo succeda qualcosa in mia assenza.
I tre ingredienti fondamentali del film mi avevano già sedotto anche solo quando ne sono venuto a conoscenza, quindi mi perdoni chi vorrebbe una critica obiettiva perché a questo giro non lo sarebbe nemmeno avessi assistito a un flop.
Per fortuna che non di flop si tratta. Metti Gabriele Salvatores che pure lui aveva voglia di fare sè ma un sé più diverso, cresciuto, maturato, non appannato, non invecchiato, non ripetuto. Metti un Servillo nel pieno. E metti che si parla di Casanova che per me andrebbe bene pure se a interpretarlo fosse Valerio Scanu. Entusiasmo frenato, no, lasciamo stare Valerio Scanu, e riprendiamoci Servillo, che oserei dire che dà, in questa pellicola il meglio di sé ma mentirei: dà il meglio di Casanova.
E lo fa in una salsa che è esattamente quella che io avrei voluto e ho ottenuto, guardando questo film nel 2023.
Il biglietto andata e ritorno nella macchina del tempo è un biglietto vincente. Tutto funziona.
Liberamente tratto dal romanzo dello scrittore austriaco Arthur Schnitzler, scritto da Umberto Contarello, Sara Mosetti e lo stesso Salvatores, Il ritorno di Casanova racconta la storia di un affermato regista italiano che, restio ad accettare lo scorrere del tempo, decide di realizzare una pellicola sul personaggio di Casanova.
Durante le riprese si accorgerà che lo legano al suo protagonista molte similitudini, più di quanto potesse immaginare.
Davanti alla macchina di Salvatores, oltre a Servillo Fabrizio Bentivoglio, e Natalino Balasso, Alessandro Besentini, Bianca Panconi.
Crudeli i temi da affrontare, leggera anzi leggerissima (e grazie al Cielo) la realizzazione di Salvatores. Oltre che piacevolmente leggera trovo che la narrazione sia aggraziata e contemporanea per chi si è stufato dei film che vengono ritenuti belli solo quando il disagio viene incorniciato peggio di come viene vissuto.
Il regista in crisi (Toni Servillo) con quella sua straordinaria naturalezza, passa in rassegna tutti i suoi guai: crepa di gelosia nei confronti del regista emergente, vorrebbe crepare sul colpo quando prova anche con una certa superiorità morale a far funzionare gli aggeggi domotici che anziché facilitargli la vita domestica, gliela complicano. In quel momento tutti siamo Servillo. O almeno io.
Accanto a Servillo, un eccellente Natalino Balasso interpreta con grande presenza scenica, il montatore che si fa carico di chiudere tutte quelle immagini così meticolosamente pensate e girate. Si capisce che il messaggio occulto di Salvatores è che la vita di tutti noi sarebbe decisamente più amabile e meno complicata se ognuno di noi avesse al proprio fianco un Balasso che si sobbarca di tutti i nostri casini confusionari, creativi, drammatici o narcisistici, e trova loro un senso, li mette in ordine, li colloca in un disegno preciso e perfetto.
Chissà se Salvatores conosce realmente persone così o se le immagina proprio perché di complicarsi la vita si è rotto l’anima anche lui.
Tra i vari riferimenti che uno si diverte a cogliere o immaginare, non passa inosservato quello in cui Sara Serraiocco fa la contadina e la musa, con i capelli corti un po’ alla maniera di Natalie Portman di Hotel Chevalier.
E poi Fabrizio Bentivoglio Fabrizio Bentivoglio, alias Casanova, che viene sfidato a duello, ma nudo. Nudo e a nudo, perché pure Casanova, spogliato del mito, deve dare la sua in termini di decadenza. Però ci piace. E molto. Lo vediamo con la chitarra elettrica, un fiume di vino, buono e bello da vedere, (a colori) tante, troppe sigarette che ormai dal cinema erano sparite ma qui soffocano l’atmosfera rendendola credibile e facilitando l’idea che il tutto assuma in modo quasi comico un aspetto metafisico mentre, e la prendo in prestito “ si sta solo facendo del cinema”.
Io di questo cinema ne sentivo la mancanza. Di questo divertimento anche nel dramma ne pativo voglia, di un Salvatores volto a dare una visione incantata per dissacrarla meglio ne avevo veramente bisogno. Poche volte un soggetto già battuto evita di far fare giri di tomba a chi l’ha preceduto. Con questo, Casanova, piglia pure il passepartout da San Pietro.

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