Esteri

Chi era Shinzo Abe, l’ex premier ucciso in un attentato fautore del riarmo giapponese

di Redazione -


(Da Agenzia Nova)
La morte dell’ex primo ministro Shinzo Abe, assassinato questa mattina da un ex militare nel corso di un comizio elettorale, priva il Giappone di uno dei volti più noti e influenti dalla politica post-bellica del Paese, e del più strenuo promotore di un confronto muscolare con le altre grandi potenze asiatiche: prima tra tutte la Cina dove, non a caso, la notizia dell’assassinio dell’ex premier è stata accolta con reazioni di giubilo da parte di internauti e utenti dei social media.

Il 67enne Abe, primo capo del governo giapponese nato dopo la fine della Seconda guerra mondiale, è stato il leader politicamente più longevo del Giappone. Tramite le sue ricette economiche espansive, note come “Abenomics“, l’ex premier ha avuto il merito di stabilizzare la terza economia mondiale dopo decenni di lento declino all’insegna della stagnazione deflattiva. L’ex premier giapponese verrà ricordato però soprattutto per il suo fermo profilo convintamente nazionalista, la strenua promozione del riarmo nazionale in risposta al rapido mutamento degli equilibri strategici regionali, e la posizione di deciso confronto frontale con la Cina e la Corea del Sud, cui va ricondotto l’attuale processo di progressiva integrazione del Giappone all’architettura di sicurezza della Nato.

Nato nel 1954 da una tra le più importanti dinastie politiche del Giappone – il padre era il ministro degli Esteri Shintaro Abe, il nonno materno il primo ministro Nobosuke Kishi – Abe aveva intrapreso la carriera politica nel Partito liberaldemocratico nel 1982, ed era stato eletto deputato per la prima volta nel 1993. Dopo la nomina a segretario capo di gabinetto nel governo del premier Junichiro Koizumi, Abe era divenuto primo ministro l’anno successivo, ricoprendo la carica di capo del governo sino al 2007, e di nuovo, per una lunga stagione, dal 2012 al 2020, quando aveva rassegnato le dimissioni per motivi di salute. Convinto promotore della “normalizzazione” nazionale, Abe aveva sempre contestato “l’anomalia” rappresentata dal Giappone post-bellico, tentando senza successo di superare formalmente il pacifismo costituzionale, ma gettando comunque le basi per il ripristino dell’”hard power” della terza potenza mondiale.

Sotto la guida di Abe, le relazioni tra il Giappone e la Cina hanno subito un drastico raffreddamento, risultato della disputa territoriale per il controllo delle isole Senkaku, nel Mar Cinese Orientale, e della posizione impenitente di Abe in merito ai trascorsi storici imperialistici del Giappone, che ancora complicano le relazioni tra Tokyo e i suoi principali vicini asiatici. Negli ultimi anni della sua leadership, Abe si era distinto anche per le strette relazioni personali con il presidente Usa Donald Trump. Dopo le dimissioni da capo del governo, alla fine del 2020, Abe aveva mantenuto una forte influenza sul Partito liberaldemocratico, continuando ad occupare un seggio parlamentare e guidando la principale corrente interna del partito. Nei mesi scorsi, l’ex premier si era distinto per l’assunzione pubblica di posizioni molto dure in materia di politica estera, sollecitando un pieno riconoscimento di Taiwan, e l’impegno esplicito da parte di Usa e Giappone a garantire la difesa dell’Isola nell’eventualità di una invasione dalla Cina. Lo scorso febbraio, Abe aveva innescato un acceso dibattito nazionale, dichiarando che il Giappone dovrebbe valutare la possibilità di ospitare armi nucleari statunitensi e di sottoscrivere con gli Usa un accordo di “nuclear-sharing” simile a quello della Nato. Posizioni in buona parte condivise anche dall’attuale primo ministro, Fumio Kishida, considerato erede politico di Abe, e che potrebbero anche essere alla base dell’attentato di oggi. (Agenzia Nova)


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