Editoriale

Chi ride di Trump

di Tommaso Cerno -


Abituiamoci alla guerra del mondo nuovo. Abituiamoci a questo assaggio di futuro. E abituiamoci a non ridere o sbeffeggiare quelli come Trump che, anche se ai benpensanti europei sembra una maschera, interpreta un sentimento popolare profondo dell’America e dell’Occidente. Ma andiamo con ordine. Ci sono tutti i sintomi di un nuovo modello globale di guerra nell’assalto dei ribelli Houthi alle navi del mar Rosso. Così come la controffensiva anglo-americana, già questo termine dovrebbe farci riflettere, il segnale che i vertici militari delle democrazie in crisi sapevano che sarebbe avvenuto. Ci troviamo all’inizio di un conflitto mondiale che durerà anni e che muterà lo scenario economico e culturale dell’Europa. Una ridefinizione degli equilibri mondiali a trent’anni e fischia dalla caduta del Muro.
Ridefinizione che avverrà sul tavolo politico. E che ha ragioni economiche, che girano intorno all’energia. E che ci pongono di fronte a una mutazione naturale dei rapporti con lo storico alleato statunitense. In ragione del fatto che l’Europa sta al centro dello scenario di guerra multipla e ha il dovere e l’interesse a ricomporre il quadro mondiale al più presto.
Mentre l’America di Biden è esausta e Trump lo sa bene, tanto da invocare l’isolazionismo delle origini, dei padri fondatori, di una Unione che era nata per farsi i fatti propri e che ha poi assunto dopo l’89 il ruolo di gendarmeria globale, ruolo che oggi tuttavia costa caro anche a Washington e non riesce più a portare vittorie ed entusiasmo in patria. Ecco perché né l’Europa né tanto meno l’Italia possono più permettersi di ridere del tycoon.
Biden interpreta una visione degli Usa non solo superata dai fatti, il moltiplicarsi dei fronti caldi e dei rischi per la Casa Bianca, ma in caduta libera nel gradimento delle famiglie americane, e finisce per dare spazio politico proprio all’ex presidente che sta costruendo intorno alle accuse e alle incriminazioni il proprio consenso politico, presentandosi come il cowboy della pace, l’uomo cioè capace di spegnere quei focolai internazionali. A che prezzo importa poco a Trump, ma ciò che deve far pensare è che importa poco anche ai cittadini americani, almeno stando ai sondaggi. E arrivo a dire perfino ai cittadini europei.
Ma l’Europa lo sappiamo non ammette di vivere una crisi profonda delle proprie leadership ed è abituata ormai a usare come antidoto a ciò che non vuole comprendere il sarcasmo, la censura, il moralismo. Mentre se la democrazia produce risposte sbagliate a domande legittime il problema sta proprio in chi la sta guidando ora, mentre l’antidoto e il tentativo di “guarire” resta affidato al popolo sovrano. Che ride per ultimo. E che avrà uno spazio politico per definire il proprio volere nel 2024, tanto qui da noi quanto oltreoceano. Ed è a quel popolo che Trump si rivolge consapevolmente. Mentre i governi europei sembrano credere ancora nella continuità necessaria, come se non vi fossero i sintomi della volontà di massa di un forte cambio di rotta.


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