Primo Piano

Chi sbagliò il Pnrr

di Eleonora Ciaffoloni -

ALFREDO MANTOVANO POLITICO GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO RAFFAELE FITTO MINISTRO


La matematica non è un’opinione, come non lo è, di conseguenza, l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. È forse fino ad ora uno dei più grossi problemi sul tavolo del governo Meloni, su cui il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto ha parlato chiaro: “Alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati”. Il motivo è da trovarsi nell’accumulo dei ritardi nella realizzazione dei progetti, di quelli già in corso – per cui il ministro ha chiesto un quadro completo ai colleghi – e di quelli che devono ancora partire. La scadenza del Pnrr – quella a lungo termine e definitiva – non è modificabile e l’obiettivo, per il ministro Fitto, è quello di guardare a tutto l’arco del piano e non solo alle scadenze intermedie. Ma il problema riguarda le prossime rate e quindi gli obiettivi da centrare nel 2023, che sono 96 (27 entro la fine di giugno e 69 entro la fine di dicembre) e che, attualmente, non sono prorogabili, nonostante gli sforzi di dialogo del governo con le istituzioni europee per una revisione del piano nel suo complesso. Sul tavolo del piano ci sono in totale 191,5 miliardi di euro di fondi europei, di questi il nostro Paese ne ha già ricevuti 67. La terza rata, quella da 19 miliardi di euro, era legata alle progettualità in scadenza a dicembre scorso ed è stata prorogata per le verifiche da parte della Commissione Europea. Il governo, sull’arrivo di questi fondi è fiducioso: arriveranno, non ci sono dubbi. Gli occhi ora però andranno puntati anche sulla quarta rata (da 16 miliardi) legata alle scadenze degli obiettivi di giugno, che sono dietro l’angolo, per cui questa sicurezza sembra vacillare un po’ di più. Eppure, dopo la cabina di regia sul Pnrr di martedì, un po’ di terremoto si è sentito e a rimettere insieme i pezzi del tavolo e – anche e soprattutto – a tranquillizzare cittadini e imprese ci hanno pensato i pezzi grossi del governo. Dal ministro per la Sicurezza energetica e l’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin che predica massima attenzione ma che calma: “È chiaro che abbiamo tempistiche dettate dalla legge e vanno monitorate, ma non c’è un allarme”. In coda, anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che sbaraglia i dubbi sugli obiettivi di giugno che “saranno pienamente rispettati” seppur dovendo recuperare i “ritardi del passato”, e il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini che si dice “fiducioso e ottimista” nonostante il peso di aver ereditato “alcuni progetti che hanno obiettivi molto ambiziosi”. L’attrazione dello scarica barile è sempre dietro l’angolo, come la tendenza allo slogan del “governo precedente”, ma stavolta sul tavolo ci sono diversi miliardi per cui la polemica diventa solo controproducente. Tuttavia, questi manifesti di paventata calma, non hanno avuto effetto sulle opposizioni che si dicono preoccupate per il futuro dell’Italia e sul rischio di non ricevere le prossime tranches di fondi a causa dei ritardi. Il deputato del Pd Enzo Amendola, capogruppo in commissione Esteri, denuncia la mancanza di trasparenza e chiede una sessione in Parlamento perché è in gioco “il futuro dell’Italia non di qualche ministro”. Sempre da sinistra, Riccardo Magi, segretario di +Europa, è arrivata l’accusa diretta: “Cosa c’è di più anti-italiano che perdere le risorse del Pnrr fornite dall’Ue per rimettere in sesto l’Italia dopo il Covid, ammodernare il Paese e fare le riforme?”. Una situazione dice, che dimostra la totale incapacità del governo e del ministro Fitto. Accuse a cui si accoda la neo capogruppo del Pd alla Camera Chiara Braga che vuole portare alla luce del Parlamento la questione: “Il governo non si nasconda. Fitto venga a riferire”. Per ora, il governo è al lavoro e, notizia di ieri, il decreto sul Pnrr approderà nell’aula della Camera per la discussione generale il prossimo 17 aprile, dove il dibattito può ricominciare.

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