Politica

Chi si prende la piazza

di Edoardo Sirignano -


Corsa alla piazza. La disperazione delle famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, gli imprenditori disperati che buttano i sacrifici di una vita, i nuovi disoccupati diventano “terreno di caccia” per sindacati e sconfitti della politica. Sfruttare la rabbia di chi non riesce a sbarcare il lunario è il piano di chi ha perso credibilità e intende tornare in auge.

Il ritorno di “Bella Ciao”

Chi prova ad anticipare tutti è la Cgil. Il sindacato guidato da Maurizio Landini, a un anno dall’assalto alla sede nazionale di Corso d’Italia, torna in strada. Dalle prime ore del mattino, compagni e operai sfileranno nelle strade della capitale per chiedere all’Europa di “ascoltare e tutelare il lavoro”. Mentre nelle stanze dei partiti si parla di poltrone e incarichi governativi, c’è chi ritiene che il malcontento dovuto alle bollette possa rappresentare la manna dal cielo. Tra le prime file del corteo, quindi, ritorneranno a gridare Friday’s for future, Fondazione Basaglia, Anpi e collettivi.

La risposta del mondo cattolico

In corso, quindi, un vero e proprio conflitto tra chi vuole utilizzare la parola “rappresentanza” per tornare a essere credibile. Il ricordo di Franco Marini, ex segretario generale e simbolo indiscusso di unità per il mondo moderato, ad esempio, diventa il grido di battaglia per riunire le truppe bianche della Cisl. I cattolici, i pacifisti per eccellenza, non possono restare in seconda fila nel momento del bisogno. Dal capoluogo dell’Abruzzo, pertanto, inizia la partita della capillare e consolidata rete della Chiesa, l’unica ad aver il polso reale della situazione in tutto lo stivale per quanto riguarda il problema povertà. Nessuno a quelle latitudini vuole che il caro energia diventi la medicina per rivitalizzare quelli che una volta venivano chiamati “i mangiatori di bambini”. Non sono un caso i recenti appelli di importanti esponenti della Confederazione Episcopale Italiana.

L’antisistema

La soglia di sbarramento non raggiunta non significa per le forze del mainstream aver distrutto i cosiddetti “avversari minori”, piuttosto li fortifica. Da Unione Popolare di Luigi De Magistris fino a Italia Sovrana e Popolare di Marco Rizzo e Antonio Ingroia, diversi i messaggi sulle chat dove si invitano gli attivisti a non mollare. Lo stesso Paragone potrebbe sfruttare il vento della protesta per tornare fra la gente. Medesimo discorso vale per quella destra, che non si riconosce in Meloni, Salvini e Berlusconi, secondo alcuni diventata troppo radical chic. Questi partitini, pur non riciclando gli sconfitti del 25 settembre e probabilmente recuperando qualche sigla sconosciuta, saranno in prima fila a reggere gli striscioni.

Il pacifista Conte

Se per i dem esiste solo la parola congresso, ovvero tenere tutti i dinosauri nel recinto del Nazareno, il capo politico dei 5 Stelle non intende perdere altro tempo per riprendersi il mondo progressista. A ostacolarlo certamente non ci saranno le ormai estinte “sardine”. I pochi pesciolini rimasti sono ormai parte integrante dell’apparato dem. L’arma del Movimento per ottenere la corona della piazza, lo scettro della protesta, si chiama “pacifismo”, ovvero una grande iniziativa senza bandiere per promuovere l’utilizzo della diplomazia nel conflitto tra Russia e Ucraina. Un messaggio trasversale, tra l’altro, già arrivato nelle stanze dell’Anci e in quelle dell’Arci. Il vero problema, però, è che tale invito potrebbe solo finire col legittimare un governo di Mosca, che invece è in seria difficoltà.

La destra di governo

Chi è al governo, ovvero coloro che hanno già riempito le piazze e catalizzato il consenso, dovrà essere in grado di contenere la nuova e imponente onda. Sono più di un semplice monito, i fomentatori di disordine, intravisti nei comizi. L’obiettivo è destabilizzare, rompere le uova nel paniere, a chi avrà il compito di mantenere l’ordine. 


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