Attualità

Chi sono i veri matti?

Nell’anniversario della pubblicazione della Legge Basaglia, una riflessione sulla disabilità mentale tra modernità e tradizione

di CdG -


Sono passati quarantaquattro anni dall’approvazione, il 13 maggio 1978, della legge 180 in tema di trattamenti sanitari, volontari e obbligatori. Comunemente conosciuta come Legge Basaglia dal nome dello psichiatra Franco Basaglia, il testo della normativa fu in realtà redatto da Bruno Orsini (DC), anche lui psichiatra.
Pur senza entrare in dettagli tecnici e specifici sul contenuto del dispositivo normativo, peraltro facilmente reperibile on line, basta in questa sede sottolinearne alcuni aspetti. In primis la chiusura dei manicomi e l’abbattimento di muri e recinti entro i quali venivano rinchiusi i soggetti con problemi di salute mentale.
Il discorso sull’argomento è piuttosto complesso e delicato, perché riguarda il modo di trattare i malati a vari livelli della società. E comprende, inevitabilmente, alcune riflessioni sui cambiamenti che la società stessa, nel corso degli anni, ha subito anche relativamente a modi di essere e di pensare che possono sicuramente essere considerati fondamentali. Come l’essenza profonda dei rapporti umani.
In un’intervista rilasciata diversi anni fa a Maurizio Costanzo, Franco Basaglia spiegava che “non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse; è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente. Ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione, anche senza la costrizione”.
Ed effettivamente è vero. Un modo di affrontare e considerare la situazione diverso dai manicomi c’è. E risale ad un’antichità distante da noi dal punto di vista temporale e anche, in misura molto maggiore da quello umano e valoriale. Per capirlo basterebbe ascoltare i racconti degli anziani che, a volte, hanno per protagonisti proprio persone con disabilità psichiche. Persone che venivano spesso considerate e trattate con delicatezza: nella tradizione erano infatti descritte per esempio come toccate da Dio.
Certo, è indiscutibile il fatto che poteva benissimo capitare che gestirle, soprattutto quando la loro malattia le portava ad essere violente, non era una cosa facile. Ed è quindi sotto certi aspetti comprensibile che siano state create strutture nelle quali rinchiuderle. E’ però altrettanto vero che in tanti, troppi casi, tali istituti erano peggio che prigioni, con l’aggravante che i ricoverati non avevano alcuna colpa.
Gli istituti lager in questione con la legge Basaglia vennero aboliti, con conseguente cambiamento del modo di trattare, senza abbandonarle a sé stesse, le persone con problemi di salute mentale. L’assistenza pubblica però, anche nell’ambito della collaborazione con le famiglie, non sempre si è rivelata sufficiente. Non è però questa la sede per affrontare una disamina approfondita sulla situazione del sistema sociale che sotto tanti – troppi – aspetti nel nostro Paese lascia abbastanza a desiderare.
Una considerazione però, a conclusione di questa breve riflessione la si può sicuramente fare: oggi quasi tutte le società contemporanee sono schiave di una modernità che impone se non la perfezione per lo meno una tendenza alla stessa. Il che, in un perfetto cortocircuito con i dettami del politicamente corretto in base ai quali si sventola di continuo la bandiera dell’inclusione, implica il mettere da parte, relegandoli in posizioni – se non fisiche quantomeno sociali – il più distante possibile da chi si considera normale, le persone ritenute a vario titolo “diverse”. Come, tra gli altri, i “matti”. Che molto probabilmente lo sono. Ma, viene da chiedersi: non lo sono forse altrettanto, se pure su un piano diverso, i “robot” dall’ipertrofico ego che affollano la contemporaneità in costante ricerca di un successo che dimostri anche al resto del mondo la perfezione che già dentro di sé sono convinti di avere?


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