Editoriale

Chiusi per guerra

di Tommaso Cerno -


Chiusi per guerra. Che effetto vi ha fatto l’Italia di nuovo chiusa. Quei confini che Schengen aveva allargato al mondo come le braccia di un sogno futuro e che sono tornati sbarrati per la paura di una guerra. Non dei cannoni, ma di tanti singoli uomini che potrebbero risvegliare il terrore nella nostra bella Europa.

Ho camminato per Gorizia, capitale europea della cultura, che ormai da 15 anni era un tutt’uno con la gemella slovena Nova Gorica, a formare la prima città internazionale del mondo appoggiata su un vecchio muro che aveva diviso in due il pianeta fra capitalisti e comunisti, fra filo americani e filo sovietici e che un giorno grazie a un progetto di umanità nuovo era stato abbattuto per lasciare posto al ricordo. Si poteva passeggiare qui in piazza Transalpina e senza rendersene conto passare da uno Stato ad un altro, da una lingua all’altra, dalla birra Moretti con il famoso signore con i Baffoni alla Pivo slovena che ha quel sapore un po’ più tenue e quella schiuma meno bianca. E adesso c’è di nuovo la garitta, certo che sarà temporanea, ma fa un certo effetto vedere la polizia che alza la paletta e ti chiede chi tu sia.

Fa quell’effetto di retromarcia verso un passato fatto di paura che avevamo pensato di lasciare come ricordo dentro quel Novecento che ci aveva regalato il progresso verso il futuro e l’orrore dell’Olocausto e della bomba atomica. Non dobbiamo girarci intorno, quei confini sono chiusi perché noi ci siamo raccontati tante bugie. Bugie sull’immigrazione, che non abbiamo saputo gestire come avevamo promesso, e che si è rivelata una scommessa pericolosa. E ancora abbiamo mentito sulla società multietnica e sulla capacità della democrazia di integrare veramente culture diverse.

E oggi a distanza di qualche anno da quel sogno multi religioso che vedevamo sorgere nel cuore del nostro continente, ci troviamo minacciati da fanatici che nel nome della Palestina e di Israele stanno invece combattendo una guerra di terrore che non ha nulla a che fare con la storia e che è mossa da interessi politici ed economici che rischiano di ferire a morte il nostro modello di civiltà.

Dobbiamo imparare da questa ennesima guerra a dire la verità, ad ammettere i nostri errori e a dirci con franchezza quando le cose non vanno come avevamo progettato. Lo dobbiamo ai nostri figli, ma lo dobbiamo anche ai nostri padri che per quella parola, democrazia, che noi oggi pronunciano con molta leggerezza, hanno dato la vita, hanno faticato, hanno sofferto perché noi avessimo in eredità un mondo migliore.


Torna alle notizie in home