Attualità

Chiuso

di Eleonora Ciaffoloni -


Se prima era solo una voce – trasformata in grido di paura – ora c’è una sirena che squilla e che fa molto più rumore. La sirena dice che nel 2023 l’economia italiana rallenterà in maniera spaventosa e se non si mettono in campo interventi massicci di aiuto alle imprese si fermerà. A preoccupare le imprese è di certo la situazione economica molto precaria, ma allo stesso tempo dal lato di aiuti e rassicurazioni, l’assenza pesante è quella del governo. O meglio c’è, ma viaggia a mezzo regime. In attesa dell’addio di Mario Draghi e dell’ingresso della premier in pectore Giorgia Meloni, aziende e famiglie stanno assistendo a uno stallo alla messicana in cui non solo l’Italia, ma anche l’Europa, stenta a trovare una quadra per rimettere il Paese sui binari. Ma c’è da fare in fretta: secondo l’indagine condotta dalla Banca d’Italia, il 77,9% delle imprese italiane ritiene che nel terzo trimestre la situazione economica del Paese sia peggiorata rispetto al trimestre precedente e solo uno scarso 1,6% riscontra miglioramenti. Difatti, il pessimismo è dilagante e si è acuito “continuando a riflettere principalmente l’incertezza imputabile a fattori economici e politici e l’andamento dei prezzi delle materie prime” e con un terzo delle aziende che ha avuto difficoltà “legate al costo dell’energia maggiori che nel trimestre precedente”. Per ultima ma non meno importante, l’inflazione, per cui “le attese al consumo sono ulteriormente aumentate, superando il 6% sui 12 mesi, con valori intorno al 5% anche sugli orizzonti più distanti”. Nel dettaglio, le aspettative hanno raggiunto i massimi fin dall’inizio delle rilevazioni nel 1999 con il tasso di inflazione che “si attesta in media al 7,5% tra sei mesi, a 6,9% tra 12 mesi, 5,7% tra due anni e a 4,9% su un orizzonte tra i tre e i cinque anni”. La soluzione non è certamente dietro l’angolo, ma non può neanche essere oggetto di procrastinazione per le istituzioni. Secondo il dg Bankitalia, Luigi Federico Signorini, servono misure “per mitigare l’impatto immediato dei rialzi eccezionali dei prezzi energetici” ed è necessaria una “strategia credibile di lungo periodo per i conti pubblici” al fine di “mantenere la fiducia nel mercato dei titoli governativi”. Per Bankitalia, in ogni caso, si profila una pesante riduzione delle stime 2023, ma ancora in positivo. E se da Palazzo Koch sembrano essere un filo più ottimisti, non si può dire lo stesso per le notizie che arrivano dal Centro Studi di Confindustria. Le previsioni economiche fotografano un netto peggioramento del quadro imprese, con un conto energetico per il 2022 pari a 110 miliardi in più rispetto ai valori precrisi. La previsione, da viale dell’Astronomia, è quello di un 2023 a crescita zero, con ipotesi di segno meno. “Abbiamo di fronte uno scenario economico complesso, fosco, zavorrante”, ha detto la dg di Confindustria Francesca Mariotti. “Siamo alle porte dell’insediamento di un nuovo Governo che dovrà fare i conti con una vera emergenza nazionale” che “non riguarda più solo imprese e industria, riguarda tutti”. E come da via Nazionale, anche da Confindustria la richiesta di aiuto è diretta: basta tergiversare. “Interventi tampone non saranno sufficienti e neanche più tanto possibili: abbiamo un’incertezza di tempi. Una emorragia di risorse pubbliche non possiamo permettercela” ha concluso Mariotti. Adesso la palla avvelenata passa al Governo, nello scambio in palleggio tra Draghi e Meloni per il quarto decreto bollette e le misure contro il caro energia. Il nuovo provvedimento sarà opera della collaborazione tra chi entra e chi esce e l’ammontare degli interventi sarà di circa dieci miliardi di euro. Un buon inizio? “Si può dare di più”.


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