La cicatrice che fa male a Spalletti: “Non è stato un errore”
L'intervista a Repubblica: "Quel pensiero non mi passa mai"
“Una cicatrice che fa male ma no, non è stato un errore”: parole forti di un (ex) commissario tecnico che non si dà pace, come Luciano Spalletti. L’allenatore, malamente giubilato dalla Federazione dopo la sconfitta da tregenda contro la Norvegia alle qualificazioni mondiali, è stato intervistato da Repubblica. A cui ha rivelato come vive dopo la delusione azzurra, il licenziamento e l’addio alla Nazionale a cui era approdato dopo aver vinto lo scudetto con il Napoli, il terzo. Spoiler: ne ha (pure) per De Laurentiis. Eccome.
La cicatrice che fa male a Spalletti
L’ex commissario tecnico è stato cacciato a furor di popolo dopo un Europeo assolutamente insoddisfacente (ricordate, la partita-incubo contro la Svizzera?) e, soprattutto, dopo lo 0-3 rifilato all’Italia dalla Norvegia di Haaland e compagni, complicato dal caso Acerbi e della mancata risposta alla convocazione da parte del capitano dell’Inter. Una sconfitta, e una polemica infinita, che fa male e che ha spalancato le porte di Coverciano a Rino Gattuso, chiamato in qualità di “castigamatti” per tentare di rimettere in riga l’ambiente. A Spalletti, però, non è passata e quella cicatrice ancora gli pulsa, gli ricorda cosa è successo e lo fa soffrire: “Quel pensiero non mi passa più”.
“Ma non è stato un errore”
Il tecnico ha spiegato, a proposito del guazzabuglio azzurro: “Quel pensiero non mi passa mai. Mi toglie il sonno, mi condiziona in tutto. Quando mi hanno proposto di guidare la Nazionale non ci ho dormito due giorni: la cicatrice – ha dichiarato Spalletti – sarà dolorosa anche quando avrà fatto il suo percorso di guarigione”. Detto ciò, l’ex allenatore di Roma, Inter, Napoli, Empoli e Udinese ha detto: “Ma accettare l’incarico non è stato un errore, anche perché la Nazionale non chiede, la Nazionale chiama. Il mio errore è stato, all’inizio, pigiare troppo su questo senso di appartenenza, di identità. Volevo stimolare quell’orgoglio che provavo io, ma è stato troppo”. E infine un messaggio: “All’Italia non manca qualità, l’ho detto anche ai ragazzi che sono giocatori di livello. In quei mesi abbiamo avuto una pressione enorme e non siamo riusciti a liberarcene. Mentre dicevamo che bisognava dare di più, non riuscivamo a fare neanche il minimo sindacale”.
La stoccata ad Adl
Non poteva mancare, a Spalletti, di restituire la pariglia a quell’altra cicatrice azzurra che ha sul corpo, cioè il Napoli. E, a De Laurentiis, manda un messaggio forte e chiaro: “Andandomene ho contribuito a far riconoscere situazioni che poi sono state chiare un anno dopo, quando De Laurentiis ha capito che per vincere ancora avrebbe avuto bisogno di prendere un grande allenatore, che non dipendeva tutto solo da lui”. All’intervistatore che gli chiede del rapporto con De Laurentiis, Spalletti risponde: “Il più grande dispetto che ho ricevuto è non averci fatto sfilare per la città sul pullman dopo lo scudetto”.
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