Esteri

Cina, da competitor a rivale, le parole di Blinken cambieranno anche l’approccio Ue

Pechino rilancia con l’Asean e gli Usa con l’Ipef. Ma la globalizzazione cederà al decoupling

di Alessio Postiglione -

SERGIO MATTARELLA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ANTONY BLINKEN SEGRETARIO DI STATO USA


La più seria minaccia a lungo termine dell’ordine mondiale. Così giovedì il segretario di Stato americano Antony Blinken ha descritto alla George Washington University la Cina. Lasciando pochi dubbi circa la volontà Usa di esasperare le proprie relazioni verso sia Pechino che Mosca, nonostante i consigli di chi – come Kissinger – aveva precedentemente avvertito circa la necessità di non competere contro tutti allo stesso tempo. Per Blinken, “la Cina è l’unico Paese con l’intento di rimodellare l’ordine internazionale e ha, sempre più, il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo”. “La visione di Pechino ci allontanerebbe dai valori universali che hanno sostenuto così tanto del progresso mondiale negli ultimi 75 anni”, ha proseguito Blinken.

E’ ovvio che gli americani stiano cercando un ampio consenso per fronteggiare la Cina e il viaggio di Biden in Asia, dove il presidente ha avuto modo di rilanciare la sua visione circa una alleanza delle democrazie contro le democrature, cioè i regimi illiberali, lo prova. Strategia da perseguire in particolare coinvolgendo Giappone e Sud Corea. Nell’Indo-Pacifico, gli americani proiettano varie alleanze: il Quad, l’alleanza militare con India, Giappone e Australia, e l’Indo Pacific Economic Framework (Ipef). L’Ipef, a cui anche Taiwan in questi giorni sembrava poter accedere, deteriorando ulteriormente i rapporti fra Pechino e Washington, è l’erede del Trans-Pacific Partnership, siglato da Obama ne 2017, ma da cui Trump si era ritirato nel 2019, per perseguire nuove politiche mercantilistiche. Ma mentre il Tpp era una vera e propria politica di liberalizzazioni che mirava a rafforzare la globalizzazione, all’epoca di Obama al suo apogeo, l’Ipef rientrerebbe nella strategia del friendshoring, della rimodulazione della catena di valore, cioè, estesa solo alle democrazie e ai Paesi con i quali gli Usa condividono regole e valori. Il vero tema sul tavolo, d’altronde, è se, con il peggioramento delle relazioni sinoamericane, si avvierà o meno anche un processo di decoupling, di separazione economica, cioè, delle due potenze.

Ma mentre Biden accelera la competizione, Pechino non sta a guardare. La Cina ha rilanciato l’altro giorno la sua cooperazione con l’Asean, l’associazione di cooperazione economica fra Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia, Brunei, Vietnam, Birmania, Laos e Cambogia, ed ha anche siglato un accordo di sicurezza con le Isole Salomone, vicinissime all’Australia, bastione americano nel Pacifico. Inoltre, la Cina terrà domani esercitazioni navali nel Mar cinese meridionale, in un piccolo spazio marittimo che si trova lontano dalle aree contese con il Vietnam, le Filippine e altri Paesi della regione. Il teatro dell’operazione è a 25 km a sud dell’isola cinese di Hainan e misura 100 km quadrati. Esercitazioni simili sono previste la prossima settimana in un’altra area vicino all’isola Hainan.

Ritornando in conclusione alle parole di Blinken, la nuova impostazione americana sicuramente metterà in discussione anche il rapporto fra Pechino e Bruxelles. Nello strategic outlook China EU del 2019 predisposto dalla Commissione, Pechino è definita, di volta in volta, un partner cooperativo o negoziale, un competitor economico e un rivale sistemico. Quale spazio, dunque, potrà rimanere per la cooperazione, se la rivalità sistemica di Pechino è ora definita minaccia da Blinken?


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