Esteri

Cina-India-Pakistan: Pechino lavora alla “ricucitura” indigesta agli Usa

Gli equilibri nella regione potrebbero cambiare in maniera importante

di Ernesto Ferrante -


Il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, sarà in visita in Pakistan da oggi a venerdì. L’annuncio ufficiale del ministero degli Esteri di Pechino è arrivato mentre Wang era in India per partecipare alla 24esima riunione dei rappresentanti speciali sulla questione del confine sino-indiano e discutere la riapertura del commercio di frontiera dopo cinque anni di stop.

L’affondo della Cina

La Cina sta ricucendo i rapporti con l’eterna rivale nella regione dell’alleato di ferro Pakistan, capitalizzando i passi falsi degli Stati Uniti di Donald Trump. Wang arriverà a Islamabad per il sesto round del “Dialogo strategico” tra i due Paesi a livello di ministri degli Esteri. Annunciati colloqui con il vice premier e ministro degli Esteri pakistano, Mohammad Ishaq Dar. Secondo i media locali, a fine mese il premier Shehbaz Sharif arriverà in terra cinese per il summit della Sco.

Nel frattempo è salito a 393 morti il bilancio delle vittime delle violente piogge torrenziali monsoniche che da giovedì scorso hanno devastato la provincia montuosa di Khyber-Pakhtunkhwa.

“India e Cina devono considerarsi partner e opportunità, piuttosto che avversari o minacce”. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha descritto così, durante la riunione a Nuova Delhi con il suo omologo indiano Subrahmanyam Jaishankar, la nuova fase dei rapporti bilaterali. Secondo il resoconto ufficiale cinese, i legami tra le due potenze asiatiche stanno seguendo un “trend positivo di ritorno sulla strada principale della cooperazione”. Evidenziata la ripartenza del “dialogo a tutti i livelli” e la “mantenuta pace e tranquillità nelle aree di confine”.

I giorni della grande tensione sembrano alle spalle

Il graduale riavvicinamento segna la fine di un periodo di forti attriti originati dallo scontro di confine del 2020. Sono già in corso riflessioni sulla riapertura del commercio transfrontaliero, la ripresa dei voli diretti e il rilascio dei visti turistici. Gli scambi attraverso i valichi himalayani erano stati sospesi dopo la violenta collisione militare costata la vita ad almeno 20 soldati indiani e 4 cinesi.

Modi in Cina

Il primo ministro indiano Narendra Modi si recherà il prossimo 31 agosto a Tianjin per partecipare al vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco), per la sua prima visita in Cina dal 2018. Ad annunciarlo è stato il capo della sicurezza indiano Ajit Doval. All’importante evento sarà presente il leader cinese Xi Jinping. È atteso anche il presidente russo Vladimir Putin.

Le due nazioni più popolose del mondo restano antagoniste per l’influenza in Asia meridionale. L’India ha forti legami strategici con gli Stati Uniti, l’Australia e il Giappone attraverso l’alleanza di sicurezza “Quad”, ma le mosse degli ultimi tempi lasciano presagire la ricerca di equilibri diversi, non solo a livello commerciale.

La molla dei dazi trumpiani

“Trump sta spingendo l’India verso la Cina”, ha titolato il New York Times evidenziando la soddisfazione delle autorità cinesi per i dazi al 50% minacciati dal presidente americano per l’India, sotto accusa per l’acquisto di petrolio russo, dopo anni di “armoniosa” cooperazione. L’esatto contrario di quanto è accaduto alla Cina che invece, dopo i tuoni e fulmini degli Usa, continua a muoversi in una situazione di proroga della “tregua” nella guerra di dazi e contro-dazi.

Il Nyt ha rilevato come da quando Xi e Modi si sono visti lo scorso ottobre al summit dei Brics in Russia, per il primo faccia a faccia dal 2019, si siano intensificati gli scambi di visite fra i due Paesi per allentare le barriere commerciali e facilitare gli spostamenti delle persone. Di grande valore politico e simbolico è stato il consenso dato dalle autorità cinesi alle visite dei pellegrini indiani in Tibet.

I nodi più grandi sono rappresentati dal forte legame tra Cina e Pakistan e dalle mire indiane di attirare multinazionali del settore manifatturiero che hanno cercato di ridurre la “sino-dipendenza”. Senza dimenticare le ambizioni per l’influenza nell’Oceano Indiano e la lunga disputa al confine, lungo 3.500 chilometri, dove i cinesi continuano a costruire nuove strade, reti ferroviarie e località per usi anche di tipo militare.

Gli analisti ritengono che se gli indiani vorranno migliorare i rapporti con i cinesi dovranno aprire le porte alle aziende e agli investimenti degli agguerriti concorrenti. Di certo, “una rottura della fiducia a livello politico tra Nuova Delhi e Washington gioca a favore di Pechino”, ha osservato Manoj Kewalramani, responsabile per gli Studi sull’Indo-Pacifico del Takshashila Institution in India.


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