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Citrobacter killer, “i neonati vittime, in sette a giudizio”

di Ivano Tolettini -


Per alcuni mesi, tra metà giugno e la tarda estate del 2018, il più grande reparto di maternità del Veneto, il Borgo Trento di Verona, venne chiuso per debellare il batterio del Citrobacter che si era annidato in un rubinetto e aggredì i neonati prematuri: il focolaio epidemico era provocato dall’uso dell’acqua per preparare il latte in polvere. Ci fu bisogno di una lunga sanificazione per porre fine alla strage degli innocenti, per la quale nei giorni scorsi il Giudice per l’udienza preliminare del locale tribunale, Livia Magri, ha ordinato alla Procura di specificare meglio le condotte relative agli specifici profili di colpa di ciascuno dei sette imputati che devono difendersi dalle accuse di omicidio colposo e lesioni personali gravi e gravissime, per le quali è stato chiesto il processo. In tutto furono un centinaio i piccoli contagiati dal batterio. L’udienza preliminare proseguirà il prossimo 25 giugno.
A rischiare il processo per la morte di Alice e i danni permanenti irreversibili subiti da Benedetta sono Paolo Biban, ex direttore della Pediatria, Francesco Cobello, ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera universitaria, quindi Chiara Bovo, ex direttore sanitario, Giovanna Ghirlanda, direttore medico ospedaliero, Evelina Tacconelli, direttore di Malattie infettive, Giuliana Lo Cascio, ex direttore di Microbiologia e, infine, Stefano Tardivo, risk manager dell’Azienda ospedaliera scaligera. Il macroscopico caso di malasanità venne denunciato per prima da Francesca Frezza, la cui figlia Nina morì, ma per quella tragedia la Procura ha chiesto l’archiviazione degli indagati, cui la madre si è opposta e il 31 maggio prossimo si terrà l’udienza nella quale la donna, tramite il suo legale, chiederà la prosecuzione delle indagini o l’imputazione coatta. Sulla terribile vicenda che ripropone a tutto il mondo sanitario la pericolosità dei batteri appartenenti al genere [/IDE-TESTO]Cicrobacter, soprattutto per i neonati fragili, oltre alla all’indagine svolta dalla commissione di verifica nominata all’epoca dalla Regione Veneto, è stata decisiva la superconsulenza ordinata dal pm Maria Diletta Schiaffino ed eseguita dai proff. Ernesto D’Aloja, Daniele Farina, Ferdinando Coghe e Clemente Ponzetti. L’obiettivo era stabilire con buona approssimazione che cosa successe nella Terapia intensiva neonatale del dipartimento della Donna e del Bambino. Dalla prima vittima, Elizabeth nel novembre 2018 all’ultima vittima del contagio, Davide, il 14 maggio 2020, sono state distinte tre fasi per capire perché e come il batterio possa avere contagiato un centinaio di neonati ricoverati nella Terapia intensiva. Per la precisione sono stati colpiti in tutto dall’infezione 96 piccoli e 9 di questi sono rimasti cerebrolesi. Pare assodato che il lavandino usato dai medici e dagli infermieri del reparto fosse stato colonizzato non solo dal Citrobacter, ma pure da altri batteri.
Le indagini specialistiche hanno individuato che l’infezione si trasmise per via orizzontale perché non sarebbero state seguite le regole dell’arte medica, consistente “nel contenimento del microrganismo nel reparto, nell’eliminazione di potenziali fonti di contagio, nella mappatura del rischio e nell’identificazione dei soggetti colonizzati”. In pratica doveva essere seguito un programma di sorveglianza con screening ogni settimana per tenere sotto controllo, e se del caso sanificare, le apparecchiature, affiancando un monitoraggio ambientale su culle, monitor, lavandini per eliminare potenziali fonti di trasmissione come flaconi, creme, dispenser usati in maniera promiscua. Sarebbero state decisive riunioni continue del Comitato per il controllo delle infezioni ospedaliere che, come è ampiamente studiato dalla letteratura scientifica, sono un continuo problema per la forte resistenza che alimentano. Le indagini hanno ricostruito che Benedetta, nata il 22 aprile 2020, fu colpita dal batterio che causò danni molto gravi diventati irreversibili, mentre Alice che era nata prematura ma in buone condizioni e fu ricoverata in terapia intensiva neonatale il 5 marzo, dopo un paio di settimane peggiorò e spirò il 16 agosto.


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