Clima: serve una strategia, non prediche
Il rischio, ormai evidente, è che dietro l’ambientalismo da talk show si nasconda una vera e propria ideologia anticapitalista e antioccidentale
di ANNA TORTORA
Il cambiamento del clima è un tema serio. Ma non è né l’Armageddon ecologista annunciato da certi attivisti, né una scusa per imporre rivoluzioni sociali in nome della “giustizia climatica”. Il clima cambia, sì, e lo fa da sempre, ma ciò che conta oggi è come affrontiamo la realtà senza isterie, ideologie o imposizioni dall’alto.
La temperatura della Terra aumenta
I dati scientifici parlano chiaro: la temperatura media del pianeta è salita, soprattutto nell’ultimo secolo. In parte per dinamiche naturali, in parte – questo è ormai accettato anche nei settori più pragmatici della comunità scientifica – a causa dell’attività umana. In particolare l’uso intensivo di combustibili fossili.
Ma riconoscere un problema non significa accettare qualunque soluzione venga sventolata in nome dell’emergenza. Per troppo tempo la questione climatica è stata monopolizzata da movimenti radicali, Ong internazionali e funzionari europei che propongono transizioni irrealistiche, imposte con divieti e tasse.
La necessità di una strategia
Non ci si salva con le bandiere verdi, né con i sermoni di adolescenti idolatrate dai media. Serve buon senso, equilibrio e una strategia concreta che tenga insieme ambiente, crescita e libertà economica.
La verità è che nessuna misura, da sola, basta. Piantare alberi, spesso usato come gesto simbolico, può aiutare ma non risolve. Gli alberi sono un alleato naturale: assorbono CO₂ e migliorano l’ambiente urbano. Ma piantarli serve solo se fatto con una strategia seria e sostenibile, non come gesto simbolico fine a se stesso.
Serve puntare su tecnologie energetiche più pulite, sì, ma senza demonizzare il gas, il nucleare o l’industria pesante. Serve migliorare l’efficienza dei trasporti e dell’edilizia, senza bloccare l’auto privata o colpevolizzare chi vive fuori dalle città.
Il rischio di una ideologia antioccidentale
Serve anche dire chiaramente che la transizione ecologica non può essere scaricata solo sulle spalle delle famiglie e delle imprese. Né può essere guidata da chi vive in contesti privilegiati e crede che basti andare in bici o mangiare tofu per salvare il pianeta.
Il rischio, ormai evidente, è che dietro l’ambientalismo da talk show si nasconda una vera e propria ideologia anticapitalista e antioccidentale. Che invece di risolvere il problema, punta a cambiare modello di società, senza mai chiederne conto ai cittadini.
Difendere il clima non significa rinunciare allo sviluppo, al lavoro, alla libertà di scelta. Significa governare il cambiamento con competenza, realismo e pragmatismo. Serve meno ideologia e più ingegneria. Meno influencer, più impresa. Meno prediche, più soluzioni.
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