Coltivare l’AI, custodire il patrimonio, educare all’umano
Al via la nuova stagione DiCultHer per l’educazione digitale e culturale
Dieci anni di impegno per l’educazione digitale e culturale, vent’anni dalla Convenzione di Faro: è con questa doppia ricorrenza che DiCultHer, la rete nazionale per il patrimonio culturale digitale, inaugura la sua nuova stagione. Un programma ambizioso che mette al centro una domanda fondamentale: come possiamo fare dell’intelligenza artificiale uno strumento al servizio dell’uomo, senza mai permettere che la tecnologia inibisca la libertà di scelta umana? La risposta di DiCultHer è chiara e prende forma attraverso tre pilastri: coltivare l’AI con responsabilità, custodire il patrimonio culturale come bene comune, educare all’umano attraverso la cultura digitale. Non si tratta di un’utopia, ma di un percorso concreto che coinvolge scuole, università, istituzioni culturali e cittadini attivi in tutta Italia.
L’intelligenza artificiale come alleata, non padrona
“L’intelligenza artificiale deve riconoscere il valore della memoria, della cura e della responsabilità”, sottolineano i promotori dell’iniziativa. Un’affermazione che non lascia spazio ad ambiguità: la tecnologia è al servizio dell’uomo, non viceversa. E questo principio si traduce in azioni concrete, dalla promozione della “sicurezza algoretica” – che garantisce trasparenza e affidabilità degli strumenti AI – fino all’integrazione sistematica del gender mainstreaming per assicurare pari opportunità e comunità educanti inclusive.
Il patrimonio culturale digitale come memoria democratica
Il patrimonio culturale digitale comprende anche tutto ciò che viene pensato e realizzato direttamente in formato digitale: dalle narrazioni multimediali agli itinerari virtuali, dalle installazioni in realtà aumentata fino alle creazioni che vivono esclusivamente nel metaverso. È la memoria del nostro tempo presente, quella che le generazioni future studieranno per comprendere chi eravamo, cosa pensavamo, come vivevamo.
Educare alla titolarità culturale
Attraverso iniziative come #HackCulturaAI2026 – l’hackathon delle studentesse e degli studenti per la titolarità culturale – i giovani sono chiamati a “sporcarsi le mani” con il digitale, creando oggetti multimediali, narrazioni innovative, progetti che valorizzano il patrimonio del loro territorio. È un approccio pedagogico che supera il concetto di fruizione passiva a favore della partecipazione attiva, della “presa in carico” dell’eredità culturale che riceviamo dal passato. Le sfide proposte spaziano dalla sostenibilità ambientale all’inclusione sociale, dalla valorizzazione dei beni culturali minori alla promozione dell’Europa come spazio condiviso di valori. Ogni progetto è un’occasione per sviluppare pensiero critico, creatività, responsabilità civica. E soprattutto per comprendere che la tecnologia non è neutrale: è uno specchio del mondo che vogliamo costruire.
Un ecosistema di valori condivisi
La programmazione DiCultHer per il 2025-2026 si articola attraverso sei AI HUB interconnessi, ciascuno dedicato a un aspetto specifico ma tutti convergenti verso un obiettivo comune: trasformare l’intelligenza artificiale in una risorsa etica, inclusiva e generativa di futuro. C’è l’HUB dedicato alla proprietà intellettuale per custodire la libertà creativa, quello sulla sostenibilità per promuovere un’ecologia integrale, quello sul design nella cultura per accompagnare l’innovazione scolastica.
La sfida dei prossimi anni
Il programma presentato a ottobre 2025 rappresenta molto più di un calendario di eventi. È una risposta culturale e pedagogica alle domande più urgenti del nostro tempo: chi governa l’intelligenza artificiale? Chi decide quali dati alimentano gli algoritmi? Chi stabilisce i criteri con cui l’AI prende decisioni che influenzano le nostre vite? Come garantiamo che l’innovazione tecnologica non aumenti le diseguaglianze ma le riduca? “Conoscere è un atto di libertà. Educare alla cultura digitale è coltivare la democrazia”, recita il manifesto della Settimana delle Culture Digitali. Parole che non sono uno slogan, ma un programma d’azione per i prossimi anni.
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