Compagni, all’armi: ok del Pd a nuovi invii
“Tanto in Italia abbiamo votato no”: così la segretaria del Pd Elly Schlein ha chiamato a raccolta gli europarlamentari dem per votare sì al piano Asap per le armi a Kiev, in linea con il resto del Parlamento europeo. Via libera definitivo al piano che ha l’obiettivo di aumentare le consegne di munizioni e armi all’Ucraina, prevedendo anche la possibilità per i governi di utilizzare i soldi del Pnrr.
In Europa il Pd vota sì all’invio di armi a Kiev
In Europa il Pd ha votato compatto a favore del provvedimento insieme al resto del gruppo S&D. Soltanto gli eurodeputati Pietro Bartolo e Massimiliano Smeriglio non hanno eseguito l’ordine di scuderia e hanno votato contro pure questa volta. L’Act to Support Ammunition Production, il cui acronimo in inglese Asap significa anche “as soon as possible”, ossia il prima possibile, non era piaciuto agli eurodem proprio per la parte che riguardava l’utilizzo dei fondi del Recovery. La Schlein dunque in Parlamento a Roma ha fatto sì che il Pd promuovesse e poi votasse una mozione che impegna il governo italiano a non usare il Pnrr per armi e munizioni. Il provvedimento è passato alla Camera all’unanimità. Così la Schlein ha salvato la faccia sia in Italia che a Strasburgo.
L’Ue finanzia l’industria bellica
Il regolamento è stato approvato con 505 voti favorevoli, 56 contrari e 21 astensioni e, dopo la ratifica del Consiglio Ue, entrerà ufficialmente in vigore. Lo schema approvato, spiega una nota dell’Eurocamera, copre l’invio di munizioni per l’artiglierie e di missili e conferma il finanziamento europeo da 500 milioni di euro. È la prima volta che l’Ue sovvenzionerà direttamente la produzione militare, mentre finora erano finanziabili con fondi comunitari solo ricerca e sviluppo nel settore. Oltre ai soldi del Recovery, è previsto anche l’utilizzo – sempre facoltativo – anche dei fondi di coesione Ue. Tra i 56 voti contrari registriamo la gran parte della delegazione del M5S e i Verdi Rosa D’Amato e Piernicola Pedicini. Fabio Massimo Castaldo invece ha optato per l’astensione, come anche l’ex pentastellato Dino Giarrusso. Un altro ex 5 Stelle ora membro del gruppo dei Verdi, Ignazio Corrao, pure ha scelto di astenersi.
La mossa della Schlein
Ora però, grazie alla mossa della mozione alla Camera, in Italia il Pnrr non sarà usato per munizioni e missili. “Capisco i dubbi, ma questa mozione li ha superati”, aveva detto Schlein in una riunione riservata dello scorso 28 giugno con i 16 europarlamentari del Pd.
E a quanto pare ha funzionato. Ma, come detto, non si è lasciato convincere il dem Smeriglio: “Ho votato no perché continuo a pensare che sia sbagliato investire solo in armi e arsenali lasciati nelle mani dei singoli Stati nazionali senza far fare un passo in avanti alla difesa comune europea. Armi costruite con i soldi del Pnrr togliendo risorse a servizi e opere pubbliche. Il gruppo socialista ha fatto un gran lavoro per far togliere i fondi di coesione da questo atto. Un fatto positivo, ma che non basta a cambiare di segno ad una norma sbagliata. Non servono arsenali nazionali, serve più Europa e serve un’Europa che sappia declinare il sostegno all’Ucraina facendo avanzare l’agenda di pace e la via del negoziato diplomatico”.
L’Ue sceglie ancora una volta la guerra e non la pace
Invece, quello che è sotto gli occhi di tutti è che la Ue sceglie ancora una volta la guerra. “Il voto di oggi segna un altro passo avanti per la sicurezza e la difesa dell’Europa e mostra il nostro fermo sostegno all’Ucraina di fronte alla continua aggressione russa. Abbiamo raggiunto l’obiettivo più pressante presente nella legge: garantire la fornitura di ulteriori munizioni a Kiev. È una testimonianza della solidarietà dell’Europa ed è essenziale per la nostra sicurezza collettiva”, ha dichiarato il popolare rumeno Cristian Bușoi, relatore del testo. “L’attuale produzione del settore della difesa dell’Unione europea è concepita per il tempo di pace. Ammettiamolo: siamo in guerra; siamo in guerra in Europa”, ha scritto il gruppo del Ppe su Twitter.
In Parlamento i pacifisti sono pochi
Il Pd dunque, così come tutti i principali partiti dell’Europarlamento, è allineato alla Commissione Ue, che a sua volta è in linea con la Nato, che a sua volta recepisce le direttive della Casa Bianca. In Italia a ben vedere i pacifisti sono soprattutto quelli fuori dal Parlamento, se escludiamo i M5S e Avs – come il Comitato per il referendum “L’Italia ripudia la guerra” -, motivo per cui la Schlein resta ambigua. Anche perché non tutti i dem sono schierati con l’invio delle armi a Kiev, e l’abbiamo visto proprio a Strasburgo. Ma questa versione un po’ ingenua della politica dei due forni la vediamo soprattutto nelle alleanze elettorali tra il Pd e il M5S, questo sì compatto nel dire no alla guerra e all’invio di armi a Zelensky.
Più che realpolitik quella della Schlein dunque sembra una sceneggiata. E, visti gli ultimi risultati nelle urne (con o senza l’accordo con i 5 Stelle), i primi ad essersene resi conto sono proprio gli elettori dell’area Pd.
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