Attualità

Compie un anno il Green Pass, lo strumento che ha rivoluzionato le nostre vite

Nato in sordina, soltanto per gli spostamenti dei cittadini stranieri, il certificato verde ha finito per condizionare ogni ambito sociale diventando un obbligo surrettizio al vaccino

di Federico Cenci -


Un anno e sentirlo tutto. Quasi in punta di piedi, il 16 maggio 2021, entrava in vigore in Italia una prima versione dello strumento digitale capace di rivoluzionare il rapporto tra Stato e cittadino. Il Green Pass, in un primo momento, serviva soltanto per gli stranieri intenti a venire in Italia (esclusi ovviamente i clandestini). Per ottenerlo occorreva avere almeno una delle seguenti tre condizioni: essere vaccinati contro il Covid, essere guariti dal virus oppure aver effettuato un tampone negativo nelle quarantotto ore precedenti al viaggio. Qualche giorno prima dell’entrata in vigore il presidente del Consiglio, Mario Draghi, lo aveva preannunciato come uno strumento in grado di garantire ai turisti di “venire da noi in sicurezza”. Sicuri di cosa? Non di essere al riparo dal Covid. Il tempo e le evidenze scientifiche, infatti, hanno reso di dominio pubblico che anche chi è in possesso di Green Pass può contagiare ed essere contagiato.

Eppure, un anno fa, rassicurati dalle parole di Draghi e terrorizzati da un quasi monopolio mediatico di notizie negative sul Covid, molti italiani credevano ancora che possedere il fatidico Qr code fosse una garanzia in termini sanitari. La graduale estensione del Green Pass fu dunque salutata con diffuso favore: a luglio 2021 erano mosche bianche quanti levavano una voce di protesta nei confronti del decreto che, sulla scia di una misura approvata in Francia, vincolava al possesso della certificazione verde la partecipazione a spettacoli, eventi sportivi, concerti, feste nei locali, festival o arene all’aperto, ricevimenti di matrimonio e altre cerimonie civili e religiose. Il primo passo fu seguito subito dopo da un secondo: il 5 agosto il Green Pass diventava necessario per consumare al tavolo al ristorante e per accedere ai centri termali, alle piscine, alle palestre, alle fiere, ai congressi, ai concorsi, ai cinema e ai teatri, nonché per assistere in presenza alle lezioni universitarie. Le scelte del governo, intanto, venivano accompagnate da una narrazione che dipingeva i renitenti al vaccino come degli irresponsabili, principali complici dell’aumento dei contagi e delle inevitabili chiusure che il decisore politico avrebbe dovuto adottare in autunno.

E lo spettro di nuovi lockdown a causa dei “no vax” non faceva altro che dividere la società esasperandone gli animi. La dialettica tra pro e contro assumeva toni spesso eccessivi e il dissenso tracimava dai social in una ridda di manifestazioni di piazza. L’acme si consumava in ottobre, dopo che l’approvazione del decreto rendeva obbligatorio, dal 15 del mese, il Green Pass sul posto di lavoro. Per la prima volta nella storia della Repubblica, il diritto al lavoro veniva precluso ai non possessori di un lasciapassare governativo. Materia per giuristi, ma anche motivo ulteriore di consunzione del tessuto sociale, con i non possessori della certificazione verde visti spesso come dei pària. Ottobre fu un mese intenso, per l’arcinota manifestazione di piazza del Popolo, a Roma, e per la protesta dei portuali di Trieste. Ma anziché accantonato, il Green Pass veniva addirittura raddoppiato: in dicembre alla sua versione base ottenibile con tampone, veniva affiancata una versione super appannaggio soltanto dei vaccinati con ciclo completo e dei guariti. Con il tempo, il distinguo si è di fatto eclissato divenendo il Green Pass base pressoché inutile e assumendo così il certificato verde una funzione di obbligo vaccinale surrettizio.

Dal primo maggio è poi divenuto quasi inutile anche il Super Green Pass. Il combinato della flessione della curva epidemica e dell’arrivo della stagione turistica ha spinto il governo a ridurre l’obbligo della certificazione verde, dal primo maggio, soltanto a chi entra in strutture ospedaliere per visitare i degenti. Possiamo dunque dire addio al Qr Code? In Parlamento europeo non sembrano pensarla così, dal momento che il 5 maggio scorso è stata prorogata di un anno, fino a giugno 2023, l’estensione del Green Pass. Del resto sono giunte anche quest’anno, puntualissime, le previsioni sulla nuova ondata che ci investirà da ottobre. Godiamoci allora questa libertà estiva di lavorare, studiare e partecipare ad eventi senza esibire un certificato digitale, perché in autunno rischia di tornare a essere – per citare Ungaretti – come “sugli alberi le foglie”.


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